Fugge dal carcere dove era detenuto dopo essere stato trasportato in ospedale. Caccia aperta ad un radicalizzato tunisino, di 40 anni, evaso dal penitenziario di Opera, Milano, la notte scorsa. L’uomo, in carcere per reati legati al traffico e allo spaccio di stupefacenti, sarebbe scappato da una finestra del Fatebenefratelli a seguito di un ricovero per un malore dopo aver ingoiato una lametta. Qui sarebbe riuscito a eludere la sorveglianza di tre agenti e si è dato alla fuga. In corso le ricerche da parte delle forze dell’ordine che stanno pattugliando la zona. Il 40enne avrebbe finito di scontare la pena nel 2030.
Ben Mohamed Ayari Borhane, questo il nome del tunisino, all’interno del carcere si sarebbe distinto per il suo profilo di radicalizzazione autoproclamandosi imam. Per questo motivo era finito sotto osservazione da parte degli agenti. La polizia penitenziaria ha avviato le ricerche e diffuso una foto a tutte le forze dell’ordine.
Nei giorni scorsi un altro radicalizzato è evaso da un carcere francese
Due pericolose evasioni, non dissimili nelle modalità, ma ugualmente inquietanti per la sicurezza dell’Europa. Il tunisino Ayari Bohrane ben Moihamed è riuscito a fuggire dal carcere di Opera, in provincia di Milano, con uno stratagemma, quello di ingoiare una mezza lametta, che ha richiesto dapprima l’intervento di un medico presso il carcere e, subito dopo, il trasferimento del detenuto presso il pronto soccorso dal quale è riuscito ad evadere da una finestra dei bagni.
Modus operandi identico a quello messo in atto dal 21enne Anthony Pondaven a Brest, in Francia, un detenuto radicalizzatosi in carcere, segnalato con la “fiche S” e ritenuto pericoloso dalla polizia transalpina. Mercoledì scorso, dopo una visita medica all’ospedale Morvan di Brest, ha eluso la vigilanza della scorta con l’aiuto di tre complici che avevano organizzato la fuga ed è riuscito a fare perdere le proprie tracce.
L’evasione dei due islamisti, probabilmente premeditata, è stata attuata in concomitanza con l’inizio del Ramadan, il mese sacro per i musulmani che, per gli jihadisti viene considerato come un periodo prediletto per le azioni jihadiste in generale e per il “martirio sulla via di Dio”.
La polemica sulla detenzione dei soggetti radicalizzati
E proprio le modalità in cui sono state attuate le due fughe, hanno scatenato aspre polemiche sul regime di detenzione dei soggetti radicalizzati. È stato infatti sottolineato, in più di un’occasione dalle autorità delegate alla sicurezza, come le carceri europee risultino idonee alla crescita delle ideologie islamiste. Queste vengono propinate ai detenuti da imam autoproclamati al servizio dei gruppi terroristici che non esitano a “sacrificare” la libertà personale dei loro adepti per inserirli nel circuito carcerario occidentale al fine di svolgere attività di formazione e reclutamento nei confronti di soggetti instabili o dal passato scomodo.
L’assordante silenzio mediatico che negli ultimi mesi avvolge l’Isis e al Qaeda può non essere un segnale positivo considerando che entrambe le organizzazioni necessitano di forze nuove e, soprattutto, di finanziamenti che le consentano di mantenersi vitali e di continuare ad operare soprattutto nello scenario europeo.
Le reiterate minacce che quotidianamente appaiono sui social network , certamente non a caso, potrebbero servire ad innescare le cellule operanti in occidente che muovendosi in piena autonomia non forniscono alcun preavviso, nessun movimento sospetto, prima dell’entrata in azione. E la fuga dei due islamisti dalle carceri, anche considerato il loro profilo, potrebbe essere messa in relazione a una ritrovata vitalità dei gruppi radicali in Europa.