Questa notte alle 3, le 21 a Washington, il presidente Donald Trump, ha annunciato di aver ordinato l’attacco contro il regime di Damasco asserendo di voler colpire impianti di ricerca e di produzione di armi chimiche nella capitale siriana ed a Homs, in collaborazione con Gran Bretagna e Francia.
Dopo pochi minuti la prima polemica si è scatenata, proprio all’interno del congresso americano, per bocca del senatore democratico Bob Casey che ha sottolineato come il presidente non abbia l’autorità di decidere da solo un attacco militare e la dichiarazione del politico ha trovato l’appoggio anche da parte di alcuni rappresentanti repubblicani.
L’amministrazione Trump, in combutta con i fresconi franco-britannici, da tempo lavora per costruire l’ennesimo obiettivo fantoccio che, questa volta però, è strettamente legato alla Russia di Putin e dagli iraniani.
La storiella degli attacchi chimici contro inermi da parte di Bashar al Assad, fa seguito, guarda caso, al presunto avvelenamento con l’uso di gas nervino dell’ex agente segreto russo Sergei Skripal e della figlia Yulia, il cui caso è stato frettolosamente chiuso dalle autorità britanniche senza dare modo alle autorità russe di partecipare attivamente alla ricerca della verità.
E’ così iniziato l’ennesimo bombardamento “chirurgico” da parte degli autoproclamati “gendarmi del mondo” che fa seguito, nell’ordine, a quelli in Afghanistan, dove hanno provocato la completa destabilizzazione del paese e dell’intera regione, dell’Iraq, quando si sospettava un appoggio di Saddam Hussein ad Al Qaeda, della Libia, allo scopo di provocare la caduta di un dittatore sanguinario, per continuare con attacchi a sostegno di gruppi ribelli sparsi tra la Somalia, il Mali, il Niger.
Questa tournée mondiale del “settimo cavalleria a stelle e strisce”, è riuscita nell’intento di scatenare una spirale d’odio senza eguali verso l’Occidente che attraversa il bacino del Mediterraneo e tutta l’area che dal Medio Oriente arriva all’Asia centrale, senza dimenticare il Sahel africano.
Nel giro di 17 anni gli americani sono riusciti nella poco invidiabile impresa di abbattere regimi “sanguinari” di paesi comunque politicamente stabili e di sostituirli, con un bagno di sangue, con governanti di comodo la cui politica ha provocato un esodo senza precedenti verso l’Europa, con le problematiche che quotidianamente trovano ampio spazio sulle cronache nazionali ed estere.
Il tentativo miserevole di salvaguardare l’umanità dalle brame di mostri quali Saddam Hussein, Muhammar Gheddafi, Hosni Mubarak, senza citarne altri, ha provocato più vittime innocenti che non i cosiddetti tiranni che, sebbene con metodi poco ortodossi, avevano garantito la stabilità ai loro paesi e contribuito a quella regionale.
Proprio a proposito di stabilità, l’Italia ha garantito un “appoggio esterno” ai raid condotti dalla coalizione guidata da Trump, con la solita formula “non schieriamoci che è meglio”, stoica decisione che, probabilmente risente di un dato storicamente provato, quello secondo il quale il nostro Paese non abbia mai concluso un conflitto bellico con le stesse alleanze con le quali lo aveva iniziato. Il generale Montgomery, verso la fine del secondo conflitto mondiale, riassunse questa nostra triste peculiarità con la frase “gli italiani sono sempre pronti a correre in aiuto dei vincitori”. Quindi, almeno questa volta, stiamo da parte che è meglio.