a cura di Sara Novello
Le grandi case farmaceutiche potrebbero acquistare legalmente Dna pagandolo con la moderna criptovaluta. E’ l’ultima frontiera a cavallo tra scienza e tecnologia che rischia di modificare anche il mondo della ricerca. Svariate start-up, infatti, offrono la possibilità di vendere il genoma on-line a scienziati affamati di dati.
EncrypGen, lancia il suo primo prodotto: un database online in cui un individuo può caricare il proprio genoma digitalizzato e utilizzarlo, in primis, per curare se stesso. In alternativa i dati possono essere venduti a ricercatori appartenenti a industrie private o al mondo accademico permettendo loro di studiare profili anonimi su cui sono indicati informazioni che vanno dal colore di capelli alle condizioni mediche. Tuttavia, se un ricercatore individua un profilo di interesse potrà chiedere l’accesso alla start-up, di conseguenza gli utenti saranno in grado di negoziare un prezzo per la consegna parziale o totale dei dati genomici in loro possesso.
Il pagamento al proprietario dei dati verrà effettuato in criptovaluta denominata “moneta del Dna di EncrypGen”, che potrà essere scambiata o venduta.
David Koepsell, co-fondatore dell’azienda, ritiene che le forze del mercato determineranno il valore genomico, più che le stesse linee guida. In particolare “i gruppi sottorappresentati ne trarranno beneficio, in modo che nel futuro i genomi provenienti da popolazioni demograficamente svantaggiate e con malattie rare ottengano maggiori profitti”, ha dichiarato Koepsell.
EncrypGen avrà una percentuale sulle vendite di Dna e addebiterà alle aziende interessate l’accesso al database.
Al contrario Nebula Genomics, fondata prima di EncrypGen, mira a eliminare gli intermediari così che le persone possano vendere i loro dati genomici direttamente alle aziende. In questo caso Nebula si propone anche di sequenziare il genoma degli utenti in cambio di criptovalute (dati genomici e transazioni saranno protette dalla tecnologia blockchain come per bitcoin).
Nel 2017 più di 12 milioni di persone hanno effettuato test sul Dna, il doppio rispetto all’anno precedente. Aziende che mirano a curare il paziente partendo dalla rilevazione genetica della predisposizione a una data malattia sono in forte crescita in quanto considerate il futuro della medicina. Il principale obiettivo è vendere dati a ricercatori e società farmaceutiche, in particolare aziende biotecnologiche sempre piuù bisognose di un ingente numero di dati genomici per sviluppare nuovi farmaci.
“Dal punto di vista di un ricercatore più dati sono disponibili meglio è – ha detto Tim Frayling all’Università di Exeter, nel Regno Unito – tuttavia, ci sono dei rischi poiché le persone potrebbero pensare solo al guadagno, che si amplifica, se i dati vengono condivisi, senza soffermarsi sulla reale importanza di sapere cosa c’è nel loro genoma e cosa potrebbe rivelare sulla loro salute”.
Nel 2012 un gruppo statunitense acquistò l’accesso al database del Dna degli islandesi per scoprire l’elisir di lunga vita. Nel 2016, il patrimonio genetico dei sardi ultranovantenni e centenari venne donato volontariamente a una società inglese per lo stesso motivo.