Al via, da oggi, la nuova rubrica settimanale di ofcs.report e ofcs.press #duexquattro curata da Simone Santucci nella quale due esperti dei temi clou del momento rispondono a quattro domande dirette, senza fronzoli e fuori dalle righe.
Alla vigilia delle elezioni politiche abbiamo voluto cominciare con due volti noti del giornalismo e del commento politico italiano nei principali media nazionali come Davide Giacalone, giornalista, scrittore, già capo della segreteria del presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, opinionista di RTL 102.5 e Vicepresidente della Fondazione Einaudi e Giancarlo Loquenzi, giornalista, già direttore di Radio Radicale, oggi conduttore di Kronos su Rai2 e della fortunata trasmissione Zapping su Radio 1.
Nell’immediata vigilia del voto il Movimento 5 Stelle ha presentato, con una procedura da alcuni definita anomala e da altri geniale, la propria “lista dei Ministri”, mentre Berlusconi annuncia a sorpresa il proprio candidato premier. Strategia vincente o ennesima improvvisazione per catturare consenso?
D.G. “Propaganda. Propaganda allo stato puro. Luigi Einaudi, da presidente della Repubblica, rimproverò aspramente i gruppi parlamentari Dc, che si erano permessi considerazioni su chi dovesse o non dovesse fare il Ministro, così minando le prerogative del Quirinale. Altri tempi? La Costituzione è sempre la stessa. Forse solo altra cultura. Nel senso che allora c’era. E, bene inteso, la cosa non riguarda solo i pentastellati, ma una tiritera che, da lustri, imbroglia gli elettori con il candidato alla guida del governo, ovvero ad un posto che non è elettivo”.
G.L. “I 5 stelle hanno ancora una volta dimostrato di non avere alcuna idea di come funzioni un democrazia e in particolare di come funzioni la democrazia parlamentare in Italia e comunque hanno dimostrato di non curarsene. L’idea che un governo si possa formare con una lista di buoni (sempre che lo siano) curriculum accademici o professionali e che tutta la guida politica resti nelle mani del “capo politico” mi pare ingenua e/o aberrante. Dal punto di vista del marketing politico ha funzionato: hanno conquistato la scena mediatica, costretto gli altri a inseguire e hanno lasciato in ombra tutti gli inciampi di rimborsopoli. Berlusconi fa una campagna solitaria e preoccupata con il poco che ha”.
Anche in base agli ultimi sondaggi consultabili di quattro giorni fa, che ne sarà della leadership di Renzi?
D.G. “Continuerà ad occupare la scena, chiedendosi per decenni come ha fatto a sprecare l’occasione che ebbe in mano”.
G.L. “Renzi resta in campo a prescindere dal risultato: Gentiloni è una sfida sulla frontiera della premiership ma non su quella del partito”.
Fenomeno Bonino. La lista +Europa viaggiava, solo qualche mese fa, a percentuali vicine allo “zerovirgola” mentre oggi se ne parla come la Hillary Clinton italiana. Potrebbe essere lei l’ago della bilancia di eventuali larghe intese?
D.G. “La grandissima parte delle forze politiche ritiene che in un Paese malato di debito si debba fare più spesa. Da questo punto di vista +Europa dovrebbe essere l’opposto delle già larghe e già irresponsabili intese. Ma, per dare vita a un governo, i margini saranno così risicati e le componenti così disomogenee che tutti saranno determinanti. Il guaio è che sono determinati ad accudire i mali italiani, anziché correggerli”.
G.L. “Bonino è di solito sovrastimata nei sondaggi. Lei lo sa: molti la amano pochi la votano. Rispondere Bonino nei sondaggi fa chic e non impegna. Però tutto può cambiare”.
Giorgia Meloni, nel fuorionda con Salvini e Fitto diffuso ieri sul web, si dice convinta che la Lega sarà il primo partito della coalizione. Ipotesi realistica?
D.G. “Straordinario che una classe politica cresciuta in televisione ancora non conoscano le regole. E straordinario che gli alleati non abbiano trovato un altro momento e un’altra sede per parlarne. Scena, dunque, iper realistica”.
G.L. “Non saprei ma pare che non convenga ad alcuno nella coalizione”.