di Maria Grazia Labellarte e Yamas
L’ambasciata statunitense in Israele dovrebbe essere trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme il 14 maggio prossimo, in netto anticipo con quanto comunicato in precedenza dalle due amministrazioni. L’inaugurazione dei lavori, che si concluderanno nel 2019, avverrà in concomitanza con il 70esimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele
Il primo simulacro dell’ambasciata consisterà in pochi uffici all’interno di una struttura statunitense esistente a Gerusalemme nel quartiere di Arnona. Il presidente Donald Trump ha ufficialmente riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele nel dicembre 2017, fornendo subito indicazioni al suo Dipartimento di Stato riguardo il trasferimento dell’ambasciata degli Stati Uniti dalla sede di Tel Aviv a quella di Gerusalemme.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ringraziato Trump per la decisione “coraggiosa e giusta”, mentre il presidente palestinese Mahmood Abbas ha avvertito della “gravità delle conseguenze” per il “processo di pace e sicurezza e stabilità nella regione e nel mondo”.
Israel Katz, dal 2015 ministro israeliano per l’intelligence, ha ringraziato Trump per l’annuncio e in una breve dichiarazione postata sui social media ha affermato “Non c’è dono più grande di questo. E’ la mossa più giusta e corretta. Grazie amico!”.
Ad eccezione di alcuni paesi arabi, quasi tutte le nazioni intrattengono relazioni diplomatiche con Israele, ma gli Stati Uniti sono i primi a trasferire la propria ambasciata a Gerusalemme, un territorio da sempre rivendicato dagli arabi -palestinesi.
La decisione degli Stati Uniti di spostare la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme ha provocato rabbiose proteste in palestina. Secondo il quotidiano di informazione Al Jazeera, per i palestinesi il 15 maggio è il Nakba Day, il giorno della catastrofe, data in cui commemorano l’abbandono delle terre contese.
La decisione del presidente Trump e la cerimonia prevista per il prossimo 14 maggio, non mancheranno di scatenare ulteriori polemiche e proteste, soprattutto da parte della Lega araba, da sempre sostenitrice della “causa palestinese” e, come prevedibile, una escalation di iniziative violente da parte delle organizzazioni terroristiche mediorientali.