a cura di Veronica Di Bendetto Montaccini
Nelle sliding doors europee c’è chi ha già un piede fuori, come il Regno Unito dopo la Brexit; chi ha il passaggio sbarrato, come la Turchia e chi vuole entrare assolutamente, come i Balcani e in particolare la Serbia o il Kosovo. L’Unione Europea potrebbe dunque ridisegnare i suoi confini.
L’allargamento è tangibile
Nell’area dei Balcani Occidentali sei Paesi chiedono di entrare. Fra questi, Serbia e Montenegro sono in prima linea. L’alto rappresentante per gli affari esteri, Federica Mogherini, ha parlato di “prospettiva realistica per l’allargamento entro il 2025”. Il rischio è quello di creare facili aspettative ai Paesi candidati all’ingresso in Ue. Qualcuno è già ufficiale, come Macedonia e Albania, mentre il Kosovo e la Bosnia-Erzegovina sono solo “potenziali candidati”.
La regione rappresenta un luogo strategico per l’Europa: sia geograficamente in quanto è circondata da Stati europei, sia per non farla finire sotto l’influenza di potenze come la Russia o la Turchia. Anche la Nato ha fatto entrare il Montenegro e si avvia all’apertura verso la Macedonia.
Un miliardo di euro per la “strategia”
Un miliardo di euro è la cifra stanziata da Bruxelles per stringere ancora di più i legami con i Paesi candidati a entrare nell’Unione. I soldi messi in campo rientrano nella “strategia per i Balcani” della Commissione”, fatta di “sei azioni faro”. La prima riguarda un monitoraggio dello stato di salute dei diritti umani, per non ritrovarsi in situazioni come quelle che stanno caratterizzando la Polonia per la legge sull’aborto e le manifestazioni nazionaliste per la supremazia dei bianchi, oppure l’Ungheria per la chiusura delle frontiere e la persecuzione dei migranti o ancora la Romania per la corruzione dilagante. Un’altra delle iniziative riguarda sicurezza e immigrazione, che prevede una lotta comune al terrorismo e un coordinamento sulla gestione dei flussi migratori. L’Europa si impegnerà, inoltre, per favorire lo sviluppo socioeconomico del territorio, prima di fare entrare i Balcani nell’Ue. Gli investimenti andranno nell’educazione e nella salute. Non verranno tralasciati i trasporti, l’energia e soprattutto l’agenda digitale, per esempio abbattere i costi del roaming come è avvenuto nei Paesi già facenti parte dell’Ue.
Le ferite ancora aperte
Il grande scoglio da superare per arrivare a questo allargamento, resta la tensione tra alcuni Paesi. Conflitti identitari irrisolti, che ancora scottano per le popolazioni e per i rapporti nell’area balcanica. La questione dei confini nei Paesi dell’ex Jugoslavia continua a suscitare aspre ostilità, anche tra due Stati come Slovenia e Croazia. Il Commissario responsabile di questo allargamento, Johannes Hahn, ha annunciato che “nessun membro che non abbia risolto conflitti bilaterali potrà essere ammesso all’interno dell’Ue”. Intanto la Bulgaria, presidente di turno nel 2018, ha fatto della strategia dell’allargamento il suo cavallo di battaglia.