“Dai un bacio a mamma”. Sono le parole pronunciate da un miliziano dell’Isis che, tra baci e abbracci, saluta i figli prima del martirio. L’uomo, il cui nome da combattente sarebbe Abu Abdillah Ash-Shami, è seduto su una sedia a rotelle e sulle ginocchia porta un fucile. Il video porta il marchio di al Hayat Media center, una delle case di produzione legate all’Isis, che ha postato sui social network il settimo capitolo di una serie intitolata “Inside the Caliphate”. Nel filmato sono riprese le azioni di miliziani devoti al martirio, gli ‘Istishhadi‘, compiute in Siria e contro i combattenti del Pkk curdo nella zona nord del Paese mediorientale.
Nel video della durata di circa 20 minuti, inoltre, altri miliziani pronunciano parole in italiano. Frutto, probabilmente, di una loro vicinanza a “devoti del Califfo” provenienti dal nostro Paese. E non è certo una novità la presenza di “italiani” tra le fila del Daesh, ma per la prima volta vengono registrati audio con parole scandite in italiano.
In particolare, ad un certo punto, le immagini si soffermano appunto su un candidato al martirio ripreso nell’atto di salutare i figli per l’ultima volta e, rivolgendosi alla bambina, esclama: “Dai un bacio a mamma”, unica frase pronunciata in italiano durante la conversazione completamente in lingua araba.
In altri momenti del filmato, però, altri miliziani pronunciano parole nella nostra lingua. Al minuto 8.40, in mezzo agli spari durante un attacco terroristico, qualcuno urla: “Vai, vai, vai”.
Le donne combattenti dell’Isis e il collasso del Califfato
Ma non è questa l’unica novità contenuta nel documento video. Per la prima volta appaiono alcune donne nelle vesti di combattenti, palese sintomo che l’Isis, probabilmente a corto di miliziani e senza più la spinta legata al continuo ricambio frutto del reclutamento di forze nuove, ha dovuto forzatamente ricorrere all’estrema ratio.
Ma non solo. Le immagini documentano, probabilmente in modo inconsapevole, il collasso del Califfato islamico, mostrando miliziani che, a differenza dei video di propaganda pubblicati dal 2014 all’inizio del 2017 nei quali veniva posta estrema accuratezza nel mostrare immagini di vita quotidiana, addestramento militare e uniformità di divise, vestono invece in modo trasandato, male armati e, soprattutto, in un contesto di vita rurale. Non più come padroni delle città simbolo che per mesi volevano rappresentare la grandezza del sedicente Califfato islamico.