Secondo un rapporto pubblicato dal Financial Action Task Force (FATF) il Messico rappresenterebbe uno stato particolarmente esposto al riciclaggio di denaro sia per la mancanza dell’identificazione dei “beneficiari finali”, cioè dei reali operatori di società e conti bancari, a cui si aggiungono i “cattivi risultati” del sistema di giustizia penale e gli alti livelli di corruzione.
Nel suo rapporto annuale il FATF (o GAFI), ha sottolineato che se il Messico è migliorato nella parte legislativa e penale, c’è ancora molto da fare per migliorare l’operatività nelle indagini e nella persecuzione dei crimini. Il Gruppo d’azione finanziaria internazionale (Financial Action Task Force) è l’organismo intergovernativo messicano di elaborazione e sviluppo di strategie di lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita che, dal 2001, si occupa anche di prevenzione del finanziamento al terrorismo.
La mancanza di “una politica globale che dia priorità all’indagine finanziaria e al perseguimento del riciclaggio di denaro come un crimine in sé e per sé” è una realtà forte nel Paese e assumerebbe, secondo gli analisti messicani, tre fondamentali aspetti: il riciclaggio di denaro proveniente dalla criminalità organizzata, le operazioni di corruzione – il rapporto cita, ad esempio, le deviazioni multimilionarie del dollaro – e il continuo ricorso all’evasione fiscale, che lo stesso GAFI ha definito ” molto comune” in Messico.
Il rapporto FATF evidenzia in modo allarmante la mancanza di risorse nel Servizio di amministrazione fiscale (SAT), che negli ultimi tre anni ha verificato unicamente lo 0,2% delle 64 mila società, le cui attività sono a rischio lavado de dinero. Il rapporto evidenzia che “generalmente e fino ad oggi, le sanzioni non vengono applicate in modo efficace, proporzionato e dissuasivo”, inoltre “i prodotti e gli strumenti del crimine vengono raramente confiscati”. Tra questi il denaro non dichiarato.
“Con gli alti tassi di migrazione regionale, un’ importante economia informale (23,6% del PIL), bassa inclusione finanziaria, controlli alle frontiere deboli e un alto volume di dollari, il Messico deve affrontare una sfida significativa per individuare il denaro criminale all’interno dei flussi legali “, spiega ancora il rapporto FATF.
La piaga del riciclaggio di denaro sporco
Come già sottolineato, uno dei principali fallimenti del sistema messicano nella lotta contro il riciclaggio di denaro è l’identificazione limitata dei cosiddetti “beneficiari finali”, vale a dire le aziende e i conti bancari, in particolare nei casi in cui i beneficiari sono “personaggi politicamente esposti” (PEP) . Questa carenza permette ai criminali di nascondere la loro identità dietro ai prestanomi con cui investire denaro di provenienza illecita nel settore immobiliare, ristoranti, negozi e altre imprese, sia in Messico che negli Stati Uniti.
Secondo il GAFI, gli ostacoli all’efficiente individuazione dei beneficiari finali permangono in tutta la catena del sistema anti-riciclaggio: le banche e gli istituti finanziari, per esempio, spesso si basano, in modo avventato, sulle dichiarazioni dei loro clienti, mentre le società le cui le attività sono suscettibili al riciclaggio di denaro – casinò, immobili o negozi di gioielli, tra gli altri – non identificano i beneficiari finali delle operazioni. Inoltre, “le istituzioni finanziarie non sono tenute a determinare se il beneficiario di un cliente è un PEP, sia nazionale che estero”, dice la nota, aggiungendo che “è difficile per le istituzioni finanziarie identificare i PEP che usano i loro nomi e monitorare le loro attività “.
Inefficienza degli apparati amministrativi
Dal lato amministrativo, gran parte del lavoro di identificazione dei beneficiari finali ricade sui notai pubblici, ma la legge messicana non richiede alle aziende di comunicare a un notaio quando abbia luogo un cambiamento nell’organigramma dell’attività. Le aziende impegnate in attività “a rischio” nel campo del riciclaggio di denaro non ridimensionano la “minaccia” della corruzione e hanno una “comprensione limitata” dei metodi più complessi utilizzati dai riciclatori come il “cattivo uso delle persone giuridiche” .
La relazione GAFI rivela il “basso grado di efficienza” della Procura Generale della Repubblica in termini di indagini e azioni giudiziarie contro il riciclaggio di denaro sporco, e questo dato spiegherebbe il numero estremamente esiguo di condanne. L’agenzia si rammarica, per esempio, che l’unità “non indaghi o persegua il riciclaggio di denaro in modo proattivo e sistematico, ma su base reattiva, caso per caso”. Nella PGR “non ci sono procedure operative standard che definiscono quando un’indagine sul riciclaggio di denaro dovrebbe essere avviata, il che significa che pochissime unità specializzate in reati finanziari aprono un’indagine parallela in relazione a reati connessi come il traffico di droga, la corruzione o la criminalità organizzata “. Non solo, viene sottolineato anche che “il livello di corruzione che colpisce le agenzie di sicurezza, in particolare a livello statale, che riduce la loro capacità di indagare e perseguire i reati gravi”.
La priorità emersa dal rapporto del FATF è quindi l’esigenza di dare la priorità all’indagine finanziaria e al perseguimento del riciclaggio di denaro come un crimine a sé stante, ma tenendo in debito conto i reati connessi a tale attività criminale, per i quali occorre comunque attivare procedure che snelliscano la burocrazia legata alle investigazioni.