Pareggio e palla al centro. Le elezioni catalane tenutesi anticipatamente a causa della crisi dello scorso settembre che aveva visto, all’indomani del plebiscito sul divorzio da Madrid, prima l’incertezza da parte delle istituzioni catalane sulla eventuale dichiarazione di indipendenza unilaterale e poi, una volta decisa questa opzione, la precipitosa fuga in Belgio dell’ormai ex presidente della generalitat Puigdemont, consegnano una Catalogna con equilibri politici sostanzialmente inalterati.
Le forze della coalizione indipendentista, infatti, riottengono anche se con equilibri differenti la maggioranza assoluta dei seggi e scongiurano la vittoria di Ciudadanos, il partito moderato-liberale di centrodestra guidato da Inés Arrimadas che, nelle ultime settimane, era stato protagonista di un’impennata nei sondaggi e che, comunque, ottiene un risultato significativo contendendo il primo posto a Junts per Catalunya, il partito dell’ex presidente Puigdemont che sfiora, nonostante le feroci critiche per la repentina fuga a Bruxelles, i 30 seggi e si attesta, prima degli autonimisti di sinistra.
Sempre sul fronte unionista vanno male i socialisti del Psc (una volta molto forti in Catalogna), attestati attorno tra i 18 e 20 seggi e i popolari dell’odiatissimo Rajoy che racimolano a malapena tra i 3 e i 5 seggi. Tiene, invece, secondo La Vanguardia, Erc, la sinistra repubblicana di Oriol Junqueras, ex vicepresidente della Generalitat, attualmente in carcere accusato di sedizione e ribellione. Insomma, nonostante l’affluenza record di oltre l’80% che ha polverizzato il dato precedente di due anni fa.
Ma ora, se i risultati degli exit poll venissero confermati, la partita più complessa si giocherà all’interno del fronte indipendentista che ancora non ha affatto la certezza dell’autosufficienza che nel Parlament è a quota 68 su 135 seggi. L’ago della bilancia, infatti, sarà presumibilmente Catalunya en Comù del sindaco Ada Colau che con il 7% dei voti determinerà, di nuovo, il trionfo delle forze indipendentiste nel parlamento di Barcellona.
Altra questione, infine, quella legata al futuro governo sulla formazione del quale, tra leader in esilio o in arresto, regna l’incertezza più assoluta. Di certo la mossa del commissariamento e della sospensione dell’autonomia operata nello scorso ottobre da Rajoy non solo, come tra l’altro era prevedibile, non ha destabilizzato il quadro politico di Barcellona ma, probabilmente, alla luce dei risultati di stasera, ha ulteriormente rafforzato un Puigdemont dato a più riprese spacciato e in crisi di consenso. Un colpo di scena che, a Madrid, proprio non si aspettavano.