A settant’anni esatti dalla sua morte in esilio ad Alessandria d’Egitto, le spoglie di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro, morta (e sepolta) a Montpellier nel 1952, hanno fatto ritorno in Italia. L’operazione, condotta in gran segreto dalla principessa Maria Gabriella di Savoia e dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha improvvisamente riportato alla ribalta, proprio durante i funerali di re Michele di Romania, l’ultimo sovrano ancora in vita ad aver regnato durante la seconda guerra mondiale, l’eterna questione dinastica dei Savoia, che vede l’ex famiglia reale d’Italia ormai divisa in due tronconi, uno dei quali, quello rappresentato dalla stessa principessa Maria Gabriella e da Amedeo duca d’Aosta, aveva cominciato sin dal 2013 ad intrattenere trattative riservate (pare a nome di tutta la famiglia, e quindi anche di Vittorio Emanuele) con governo e Presidenza della Repubblica per la ricongiunzione delle salme dei reali protagonisti, in vita, di una storia d’amore autentica e di un matrimonio solidissimo, una vera eccezione in un’epoca di unioni decise a tavolino per questioni dinastiche.
Meno di due ore fa è infatti atterrato l’aereo militare che, dall’Egitto, ha riportato in Italia, a Vicoforte in provincia di Cuneo, nel santuario che Carlo Emanuele volle per ospitare le tombe dei Savoia prima della costruzione di Superga dopo uno scalo tecnico a Pisa, le spoglie del re più longevo della storia d’Italia, protagonista dei più importanti cambiamenti politici e sociali dei primi cinquant’anni del novecento italiano ma soprattutto di ben quattro guerre, tre delle quali vinte e da cui re Vittorio poté fregiarsi del titolo di Imperatore d’Etiopia. Si conclude così, in tempi tanto brevi quanto decisamente sorprendenti, una querelle che non faceva onore all’Italia e che si procrastinava a livello ufficiale dal 2002, anno durante il quali agli eredi maschi di Casa Savoia fu consentito, grazie alla abrogazione della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, di rientrare in Italia ma che in realtà perdurava da mezzo secolo, visto che l’esilio comminato dai costituenti non riguardava i morti ma solo i vivi. E se il rientro di Elena del Montenegro, figura decisamente meno discussa del marito, benefattrice e in onore della quale per il cinquantesimo anniversario della sua morte la Repubblica Italiana ha voluto dedicare alla sua memoria un francobollo commemorativo, ha incontrato la sorpresa di tutti ciò che ha stupito è l’improvvisa accelerazione delle operazioni di trasporto delle spoglie di re Vittorio, rimaste riservate fino all’ultimo e trapelate solo attorno dalla mezzanotte di ieri. Inevitabili le polemiche, trasversali, tra chi,
protesta per la segretezza dell’operazione e per l’impiego dei mezzi militari per il rientro (dimenticando che Vittorio Emanuele III è comunque, anche da morto, ex capo di Stato) e chi, come parte della Casata, reclama ancora la sepoltura dei regnanti al Pantheon, accanto alle spoglie di Vittorio Emanuele II e Umberto I. Di certo un doppio evento, questo, che ha fatto già la storia e che sarà destinato a trascinare con sé altre polemiche nonostante ormai in tutta Europa, e i funerali di Michele di Romania lo hanno dimostrato, molti stati si siano lasciati alle spalle i veti nei confronti delle case reali che hanno collaborato col nazifascismo. Nella stessa Russia, a Mosca, a poca distanza tra loro, riposano le spoglie dello zar Nicola II e la mummia di Vladimir Lenin. Il ricongiungimento della coppia che ha accompagnato l’Italia dalle glorie di Vittorio Veneto alle tragedie delle leggi razziali e alla guerra a fianco dei nazisti (che pure imprigionarono la loro figlia, la principessa Mafalda, in un campo di concentramento dove morì di stenti) rimane, per l’appunto, una questione privata e le istituzioni lo hanno compreso, collaborando forse per la prima volta fianco a fianco con Casa Savoia e prendendo atto delle differenze tra una vicenda umana, quella relativa alla sepoltura di due figure comunque fondamentali per il recente passato dell’Italia e quella storico-politica che vede ancora ben lungi dall’essere unanime il parere nei confronti dei quarantasette anni di regno di Vittorio Emanuele III. Rimane intanto, ancora sullo sfondo, cosa si deciderà nei confronti di un altro re, Umberto II, figlio di Vittorio Emanuele, sepolto anche lui in Francia, nell’antichissima abbazia di Altacomba e sulla sua traslazione che, per ora, non sembra all’ordine del giorno. A meno di clamorosi colpi di scena come quelli a cui stiamo assistendo in queste ore.