La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e degrado delle città, che sta terminando le sue indagini, ha riscontrato fra i principali problemi le occupazioni abusive di case popolari, campi rom come luogo di illegalità e di smaltimento illecito di rifiuti, centri urbani degradati e periferie dimenticate.
Nei lavori della commissione si riconosce il degrado delle costruzioni realizzate negli ultimi cinquant’anni, dove le scelte architettoniche per affrontare l’emergenza abitativa hanno aggravato il problema delle periferie anziché risolverlo (come Scampia a Napoli, Zen a Palermo, Corviale a Roma, le Dighe a Genova, S. Paolo a Bari).
Le dinamiche dell’effetto domino sono inquietanti: ai primi episodi scattano le vendite immobiliari, queste diventano svendite a causa della svalutazione del quartiere e gli immobili finiscono in mano a organizzazioni criminali o, nella migliore delle ipotesi, sono affittati in nero oppure occupati abusivamente per mancanza di domanda d’acquisto, con incremento esponenziale del degrado.
A distanza di oltre dieci anni torna d’attualità la questione della sicurezza legata alle condizioni di degrado e disagio di alcune aree delle città. Il problema riguarda sia le grandi metropoli che i piccoli e medi comuni, si registra nelle periferie ma in certi casi sono coinvolti i centri cittadini più piccoli.
Già allora si affermava che i piani regolatori e la domanda abitativa presentano aspetti sociali e di sicurezza urbana, meritevoli di un coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali e non, dalle amministrazioni comunali, alle forze dell’ordine, sino alle associazioni di categoria, come quella dei piccoli proprietari immobiliari.
Ad esempio, nei primi anni duemila si assistette a un esodo della popolazione dai centri storici di piccoli e medi comuni verso nuove abitazioni più periferiche, ma maggiormente vicine a insediamenti industriali e commerciali o ad arterie stradali di rapida comunicazione. Così molti borghi sono finiti in mano a famiglie immigrate, in grado di pagare gli affitti grazie alla presenza di più nuclei, originando dei ghetti per la conformazione dei centri storici che in molti casi presentano cinta murarie.
Si è visto che le assegnazioni di case popolari dislocate in diversi quartieri avvengono in blocco, alcune interamente a famiglie italiane, altre a cittadini extracomunitari, ostacolando l’integrazione e favorendo le sacche di emarginazione.
E’ stato posto l’accento sui caratteri dell’urbanizzazione primaria, che evitasse la creazione di quartieri trasformati in fortini inaccessibili come Tor Bella Monaca a Roma, Scampia a Napoli o la Falchera a Torino; oppure l’edificazione di “mostri” come l’hotel house di Porto Recanati (palazzone multietnico su tre ali) dove non si sa ancora quante persone effettivamente dimorino, diventato una struttura inespugnabile visto che intorno ad esso è presente solo terreno arido su cui nessuno si avventura a costruire.
Si è poi rimarcata la necessità di un’urbanizzazione secondaria (strade, parcheggi, illuminazione pubblica) e della realizzazione di esercizi commerciali e servizi (scuole, centri sportivi, aree verdi, presidi sanitari e di polizia), per evitare che le aree diventassero quartieri dormitori, di giorno in preda al degrado a causa del pendolarismo dei suoi abitanti e di notte esposti a fenomeni delinquenziali.
Tutto ciò presuppone investimenti pubblici e privati per il recupero e, in certi casi, la riconversione delle aree degradate, ma nessuna politica è stata attuata in questi anni, salvo l’iniziativa sporadica di qualche sindaco, sicché oggi la situazione di determinati quartieri è divenuta irreversibile.
La commissione chiederà un intervento per fermare le occupazioni abusive di immobili pubblici e privati
Si tratta di un fenomeno diffuso in maniera pressoché omogenea da nord a sud, facendo germogliare il racket e il commercio illegale di case popolari. Forse la novità rispetto a dieci anni fa è l’accentuarsi della questione dei campi rom. I parlamentari della commissione ne hanno visitato diversi: i più problematici si trovano a Roma, Torino, Milano e Napoli, dove si concentrano migliaia di persone a ridosso di zone periferiche già segnate dal disagio sociale; certi sono considerati regolari, altri no. Da alcuni anni l’attività principale è il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, attraverso roghi tossici che producono un grave pregiudizio alla popolazione residente nelle aree limitrofe, tanto che il governo sta pensando di impiegare l’Esercito. Si registra un salto di qualità dei fenomeni delinquenziali, fra cui il racket e le aggressioni criminali che hanno soppiantato i “tradizionali” borseggi, ormai marginali. Questa escalation di illegalità è un problema nel problema, che presuppone di sciogliere l’interrogativo se tollerare i campi nomadi o chiuderli definitivamente. Ma questa è un’altra storia.