A cura di Simone Santucci ed Eleonora Spadaro
Theresa May ha deciso: il 29 marzo 2019 alle ore 23 la Gran Bretagna uscirà dall’Unione Europea. Il governo del Regno Unito ha presentato un emendamento alla legge che il Parlamento dovrà votare nelle prossime settimane per stabilire i termini esatti dell’uscita del paese dall’Unione Europea, ma “non verrà accettato nessun tentativo di prorogare”, così ha scritto al Telegraph il Primo Ministro inglese. Nessun passo indietro, come si era presunto, ma anzi una decisione presa con fermezza. May ha specificato che la data e l’ora del giorno in cui ci sarà la Brexit sarà obbligatoriamente messo nella prima pagina dell’emendamento.
La notizia, che esattamente fra 504 giorni tutto sarà effettivo, ha preoccupato l’Unione Europea che ora starebbe cercando una formula adatta ai futuri rapporti con la Gran Bretagna. “Servono progressi entro le prossime due settimane per essere in grado di andare avanti, da dicembre in poi, a discutere la seconda fase, cioè le relazioni future tra Ue e Gran Bretagna”, ha commentato Michel Barnier, capo negoziatore di Bruxelles.
“Sono stati fatti chiari progressi nei negoziati ed è tempo di passare a una discussione politica sulle relazioni future tra Regno Unito e Unione europea”. Queste le parole del ministro inglese David Davis. Al termine di due giorni di negoziati a Bruxelles, Davis ha anche sottolineato che, per arrivare a un risultato prima del prossimo Consiglio europeo di dicembre, “serve flessibilità da entrambi i lati”.
Ma nonostante questa accelerazione le divisioni tra il Governo di Sua Maestà e l’Europa permangono. Le recenti stoccate del Presidente della Commissione Europea Juncker hanno dimostrato che il perimetro attorno al quale trattare per l’uscita del Regno Unito si restringe sempre di più. La ventilata hard Brexit, messa in campo da una May sempre più barricadera sul tema, si è dovuta scontrare fin da subito con le reiterate prese di posizione sia della Commissione e sia del Parlamento Europeo sull’annosa questione riguardante i cittadini Ue residenti in Regno Unito e sul vitale tema della libera circolazione, uno dei pilastri di Shenghen. Il tutto con un Governo in preda ad un calo di popolarità vertiginoso ed impegnato a difendersi sui numerosi scandali di questi giorni che hanno portato alle dimissioni del ministro della Difesa.
L’Europa, in questo quadro, appare ancora come favorita nel braccio di ferro con Londra e, stando ad oggi, nulla lascia presagire un improvviso ammorbidimento di Bruxelles, sempre più dura sulle uscite della May. Se il timer è ora programmato, l’impetuoso ticchettio delle lancette non promette nulla di buono. Il tempo è poco e la May rischia sempre di più di non arrivare al traguardo che lei stessa ha stabilito.