Circa 16 milioni di sterline egiziane, l’equivalente di 1 milione di euro, è l’ammontare della somma portata via la scorsa settimana da miliziani della Wilayat Sinai, alleati dell’Isis, in una rapina perpetrata in danno della filiale della Banca nazionale egiziana a Al Arish il 15 ottobre. L’azione è stata condotta seguendo una precisa strategia che ha previsto l’attacco diversivo da parte di un gruppo armato ai posti di blocco, dislocati nella zona dell’istituto di credito e la chiesa copta di San Giorgio, mentre un secondo commando compiva l’irruzione in banca e la presa di ostaggi. Seguiti dalla fuga con il bottino a bordo di un fuoristrada predisposto all’uscita posteriore dell’edificio. Il bilancio è di 13 morti, tra cui 7 agenti di polizia e 6 civili.
Nella stessa giornata i miliziani del Daesh hanno compiuto un raid contro un posto di blocco dell’esercito egiziano in località Karm al Qawadis, nel Sinai settentrionale in prossimità del confine con Israele. Attacco rivendicato con un comunicato postato su Telegram che ha anche annunciato la morte del comandante dell’unità, Abu Yousef al Masry, avvenuta durante il blitz.
Ma la dimostrazione dell’estrema vitalità della Wilayat Sinai si è avuta in serata quando due razzi sono stati sparati dal nord della penisola egiziana e sono caduti nella regione di Eshkol in Israele, vicino alla Striscia di Gaza, senza comunque provocare vittime. Anche in questo caso è apparsa subito la rivendicazione da parte dello Stato islamico che ha inteso dedicare l’attacco al defunto Abu Muhammad al Adnani.
Non è la prima volta che gli islamisti del gruppo che ha prestato giuramento ad al-Baghdadi nel novembre 2014, tentano di colpire lo Stato ebraico. Già noto come Ansar Bayt al Maqdis e rinominatosi in Wilayat Sinai, si mostra come il più tenace e strenuo difensore del territorio della penisola, nonostante i reiterati sforzi di riconquista da parte dell’esercito di al-Sisi che ha già pagato un duro prezzo in termini di vite umane nel confronto armato con i jihadisti.
A seguito degli avvenimenti le autorità egiziane hanno annullato la decisione di riaprire per motivi umanitari il valico di Rafah, alla frontiera con la striscia di Gaza
Le reiterate minacce da parte dei vari portavoce dell’Isis di un appoggio incondizionato alla lotta degli arabi-palestinesi contro Israele, se da una parte non hanno trovato riscontri sul terreno dello scontro militare, dall’altra non devono scadere nella sottovalutazione. La presenza di cellule attive di miliziani del Califfato, infatti, è una costante rilevata a partire dalle alture del Golan, a Gaza, sino alla penisola del Sinai.
Il canale 2 della televisione israeliana, ultimamente, è riuscito ad ottenere alcune immagini di un’enclave islamista sul Golan, in territorio siriano, controllata dall’Isis poco lontano dal confine con Israele. Il video ha documentato la presenza di un campo di addestramento con circa 300 jihadisti intenti a ricevere istruzioni da parte dei capi militari, tra i quali figurerebbe anche Abu Hamam Jazrawi, uno dei reclutatori più noti dello Stato islamico.
Nonostante la caduta di al Raqqa, capitale dell’autoproclamato Califfato islamico, i vertici dell’Isis non sembrano affatto essersi rassegnati alla sconfitta. Anzi, rilanciano quotidianamente i loro appelli alla mobilitazione contro i miscredenti fornendo le istruzioni per il reclutamento nelle varie zone sotto il loro controllo. Dai confini con Israele, sia la formazione “Khalid ibn al-Walid”, affiliato all’Isis, sia Jabhat Fateh al-Sham, già Fronte al-Nusra, legato ad al-Qaeda, diffondono via web i loro slogan contro l’Occidente e i vertici dell’Israel Defence Forces, non sottovalutano le minacce e si dicono convinti di un inevitabile e risolutivo scontro in risposta a eventuali attacchi transfrontalieri da parte dei jihadisti che li porti a eliminare definitivamente la minaccia incombente.
La situazione nella Striscia di Gaza
E se sul Golan la minaccia è quantomeno visibile, nella Striscia di Gaza è più infida, celata tra gli accampamenti arabi e le poche strutture in grado di mimetizzare la presenza di campi di addestramento dei miliziani legati al Daesh. Il gruppo denominato Alwiyah Naseer Salahuddin, con qualche centinaio di aderenti, è uno dei più popolari tra i sostenitori del Califfato nella striscia di Gaza. Nella piazza al-Katibah della città i miliziani sono soliti esibirsi in parate militari e fare proselitismo porta a porta nelle abitazioni degli arabi-palestinesi, mentre la parte addestrativa viene svolta in quartieri periferici al di fuori degli sguardi indiscreti, pur potendosi avvalere di una diffusa omertà tra la popolazione che vede i guerrieri del Califfo più come dei liberatori da Israele piuttosto che come degli oppressori.
Isis nella Penisola del Sinai
La presenza dell’Isis nella penisola del Sinai, a differenza degli insediamenti nel Golan e a Gaza, è più appariscente, legata al mantenimento del controllo delle principali vie di comunicazione tra Egitto e Israele e, soprattutto, alla città di al Arish, dove il Daesh mantiene costante la sua presenza e respinge gli attacchi delle forze di sicurezza egiziane che da mesi tentano di riappropriarsi di quella parte di territorio. La diffusione del Daesh nella penisola sinota è il pericolo più imminente per Israele, avendo in comune centinaia di chilometri di confine non sempre impermeabile alle sortite dei miliziani e, soprattutto, il valico di Rafah, tasto dolente per il passaggio di islamisti camuffati da civili in transito e di armamenti per la Striscia di Gaza introdotti a mezzo delle decine di cunicoli sottostanti i reticolati.
Quelle che si possono considerare le enclavi chiave del Daesh, dopo la caduta di Raqqa, il sud della Libia e il Sinai, che continuano a mantenere costante l’insidia con blitz condotti contro le forze regolari di Haftar e al Sisi, rappresentano concretamente come l’ideologia instillata da al-Baghdadi nell’animo dei suoi adepti sia ben lungi dall’essere stata sconfitta.
Se si possono escludere contrattacchi dei miliziani del Daesh su vasta scala, così non è per il pericolo derivante dalle centinaia di cellule dormienti di jihadisti sparse tra il nord dell’Africa, il Medio Oriente e il continente europeo che autonomamente potrebbero decidere di innescarsi e continuare a seminare il terrore. Senza contare la variante fornita dai dettami di Hamza bin Laden che vorrebbe un’unità dei gruppi jihadisti che dall’Isis si allargherebbe ai gruppi africani di Boko Haram, Shaabab e Al Qaeda nel Maghreb Islamico, costituendo un’organizzazione del terrore nuovamente dedita a una visione mondialista della jihad, così come profetizzato dal defunto Oussama.