Prima la Scozia, poi la Catalogna e adesso tocca anche a Milano e Venezia? A chiederselo è il New York Times che in un articolo pubblicato ieri racconta la strana (per loro) tranquillità e rilassatezza che contraddistingue il pre-referendum.
“Se non fosse per qualche cartellone e qualche taxi con la pubblicità un visitatore non si accorgerebbe nemmeno che si celebrerà un voto”, rileva il quotidiano della grande mela. In America, questa recente ondata di spinte autonomiste, ha creato un certo interesse. Vista come la terra dell’immutabilità e della storia millenaria, l’Europa, negli ultimi anni, ha ricominciato a suscitare curiosità per il particolare e frammentato quadro politico, completamente differente dal rigidissimo bipolarismo che connota il sistema degli Stati Uniti.
Nell’articolo ci si interroga, poi, sull’effettiva concretezza di un referendum, quello sulla maggiore autonomia di Lombardia e Veneto da negoziare con Roma che essendo di tipo consultivo rischia, secondo gli osservatori, di non sortire gli effetti sperati, sia per la sua natura meramente consultiva e sia per il pericolo di una bassa affluenza alle urne che potrebbe inficiare il valore politico generale dello stesso referendum. Un po’ quanto in tutta Italia ci si domanda da tempo, anche a fronte dei costi esorbitanti, circa 64 milioni di euro per una tornata elettorale che, anche a detta del New York Times, somiglia più ad un sondaggio privo di risvolti concreti. Sul risultato plebiscitario, in termini di Sì, dubbi non ce ne sono. Come per ora non sembra che le intenzioni dei governatori Maroni e Zaia siano quelle di accelerare una qualche sorta di autonomia politica sulla falsariga di quanto messo in atto dalla Catalogna. Ma c’è chi ricorda che anche a Barcellona, anni fa, si era cominciato così…