Un po’ maggioritario, per mettere d’accordo la vecchia frangia ulivista, e un po’ proporzionale, per non far perdere le speranze di rielezione a chi di confrontarsi diciassette anni dopo in un collegio non ha proprio voglia. Dopo il proporzionalismo, praticamente puro, della prima Repubblica e il maggioritario della seconda il Rosatellum bis, la proposta di legge elettorale che va via via acquistando sempre più consensi, cerca di contemperare due diversi sistemi con criteri, a volte un po’ bizzarri, ma senza i quali nessun accordo sarebbe stato possibile trovare. Il Consiglio dei ministri “ha deliberato il proprio assenso a porre la questione di fiducia, qualora risulti necessario, con riferimento al testo unificato delle proposte di legge n. 2352 e abbinate A/R, recante “Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali”.
Con il sì di Pd, Forza Italia, Lega Nord, Ala, Direzione Italia e Scelta Civica, con ogni probabilità, alle elezioni politiche del 2018 gli italiani sceglieranno direttamente e in modo secco il parlamentare in 109 collegi. Ammesse, nonostante le perplessità di larga parte del Pd, le pluricandidature, addirittura estese a cinque rispetto alle tre previste nella prima versione del testo.
In tutto, la ripartizione dei seggi avverrà con il 36% assegnato in base al maggioritario e il 64% in base al proporzionale con uno sbarramento piuttosto basso, il 3%, per le liste in coalizione. Chi, invece, deciderà di presentare coalizioni dovrà superare il 10%. Torneranno anche le liste civetta, protagoniste assolute delle elezioni del 2001: anche se non dovessero superare il 3%, infatti, basterà l’1% affinché i loro voti vengano conteggiati in quella della coalizione a loro collegata. Avremo quindi un Parlamento con molte più liste e, chissà, con molti altri gruppi. Non solo grazie ad uno sbarramento oggettivamente esiguo, ma anche perché si abbasserà notevolmente il numero di firme necessarie per presentarsi nella parte proporzionale (750 sottoscrizioni) alla Camera e sempre 750 per chi si presenta in tutte le regioni al Senato. E non è finita qui. Dopo anni di tentativi le firme potranno essere anche certificate da avvocati patrocinanti in Cassazione, un segnale che fa presagire una campagna elettorale lunga. Lunga, quantomeno, come le schede elettorali che ci verranno consegnate ai seggi.