Con una incognita che pesa sull’immediato presente e sul futuro di una intera nazione, tra scontri, presìdi e sequestri, si è consumata la notte più lunga della recente storia spagnola.
Mentre il braccio di ferro tra Madrid e Barcellona non accenna a fermarsi, continuano in tutta la Catalogna i preparativi del referendum sull’indipendenza catalana e su questo fatidico voto che, come in un’altalena temporale, sembra ora più lontano, ora più vicino. Il tutto mentre, sullo sfondo, si consuma una crisi senza precedenti che, qualunque sarà l’epilogo, consegnerà domani una Spagna nuova e più divisa che mai.
Nonostante gli arresti, gli spari, i sequestri e una intera regione militarizzata come in tempo di guerra, le autorità catalane hanno tenuto a precisare che il voto si terrà comunque, anche senza le schede sequestrate. Basterà stamparle da casa e recarsi in una delle molte urne aperte e difese dalla folla la quale, durante la notte, ha addirittura organizzato picchetti e ronde e, in alcuni casi, ha anche impedito alla polizia di procedere alla chiusura dei seggi.
I primi seggi, già alle nove, orario di apertura ufficiale delle urne, si sono aperti con code lunghissime appena dopo la conferenza stampa del governo di Barcellona durante la quale sono stati resi noti gli ulteriori provvedimenti intrapresi per permettere comunque lo svolgimento della consultazione elettorale: si potrà votare ovunque, senza così attenersi, grazie ad un censimento elettronico, ai confini del proprio collegio elettorale.
Questa la storia di questa lunghissima notte: la parola passa ora alla cronaca.