Il nuovo discorso di Abu Bakr al Baghdadi, leader dell’Isis, non giunge inaspettato. Dal novembre 2016, quando venne diffuso il suo ultimo proclama, le voci sulla sorte del Califfo si erano accavallate e, in diverse circostanze, l’ultima nel giugno scorso, si era ampiamente pubblicizzata la sua morte. I dubbi sull’autenticità del messaggio diffuso nella giornata di ieri non appaiono confortati da alcuna reale ipotesi circa la sorte di al Baghdadi, anche per i riferimenti alla crisi coreana sviluppatasi negli ultimi mesi.
I contenuti del proclama
Non si discostano da altri discorsi dell’autoproclamato Califfo, se non per i riferimenti ad una unità della comunità islamica ovviamente in chiave jihadista contro l’Occidente che, come sottolineato da al Baghdadi, vede “gli americani, i russi e gli europei vivere nel terrore nei loro Paesi temendo attacchi da parte dei mujaheddin”. Questa parte del discorso pare ricalcare in toto il recente proclama di Hamza bin Laden volto a ritrovare unità di intenti proprio con il Daesh.
In chiave prospettica, il Califfo invita i suoi accoliti a ribellarsi alle tirannidi saudite e russe i cui vertici avrebbero dichiarato guerra al vero Islam e a continuare nelle incursioni in Occidente in special modo colpendo i centri dell’informazione pubblica.
In particolare, al Baghdadi, sottolinea come “la Russia stia approfittando della debolezza degli Usa per prendere in mano la questione siriana” e esorta i mujaheddin a riappropriarsi dei luoghi sacri dell’Islam nella penisola arabica occupati da un regime definito apostata.
Al di là della constatazione dell’esistenza in vita del Califfo, pur persistendo seri dubbi sul suo stato di salute, il discorso di al Baghdadi non fornisce evidenti chiavi di lettura che possano fare ipotizzare nuove prese di posizione da parte dell’Isis. L’esortazione rivolta ai mujaheddin di continuare a combattere perché “la perdita di territorio non equivale alla perdita della fede”, è evidentemente giustificata dalla presa di coscienza di una sconfitta militare ormai inevitabile. Anche se i veri rischi per l’Occidente potranno derivare proprio dalla sete di vendetta che la sconfitta ispirerà negli animi già caldi dei mujaheddin, sparsi per l’Europa, e alla constatazione che se ai proclami non seguono le azioni il Daesh perderà di credibilità diventando di fatto un califfato puramente virtuale.