“E’ un progetto che vede gli Stati Uniti già molto avanti, ma l’Italia si sta adeguando ai nuovi standard e alle nuove sfide proposte dal Combat Weather“, spiega il maggiore Alessandro Palazzo, in servizio presso il Centro operativo meteo (Comet) dell’Aeronautica Militare.
Controllare o, in questo caso, interpretare il tempo meteorologico a scopi militari è un’ambizione che accompagna l’uomo sin dai tempi più arcaici, come il folle e superbo re Serse che, secondo la storiografia greca, ordina la fustigazione dei flutti per punirli di aver distrutto il suo ponte di barche sull’Ellesponto.
Ma è davvero possibile sfruttare il meteo per scopi militari?
Nel luglio 1972 il New York Times apre con un titolo che ha del sensazionale: Rainmaking Is Used As Weapon by U.S.. Poi: “gli Usa hanno segretamente seminato le nuvole sopra il nord Vietnam, il Laos e il sud Vietnam per incrementare e controllare le piogge”. Lo scopo della “semina” sarebbe quello di poter prolungare i periodi di precipitazioni con conseguente allagamento della principale arteria di rifornimento nemica (sentiero di Ho Chi Minh, nda) e per mettere fuori uso le batterie missilistiche contraeree. Realtà? Finzione? Quando si parla di progetti governativi segreti americani è difficile scindere la verità dall’immaginazione col rischio, sempre in agguato, di scivolare nel sotto livello delle teorie del complotto. Ma, per quanto incredibile, la news non è del tutto fuorviante: infatti, un “impiego” del meteo a fini tattici c’è e viene perseguito dagli esperti e anche nel nostro Paese, seppure in modo meno affascinante di come proposto nell’articolo.
Lo spiegano gli ufficiali del Centro operativo meterologico di Pratica di Mare dove, fra gli altri compiti, vi è quello di studiare il Combat Weather ricavando informazioni per chi è impegnato al fronte. E se il fronte è in territori impervi, necessario è conoscere “visibilità e vento. Quando un mezzo come il Lince (Iveco Lmv – Light Multirole Vehicle, nda) deve muoversi su un terreno quale quello afghano è importante che i militari conoscano la direzione dei venti perché, in caso di tempesta di sabbia improvvisa, è bene essere preparati, più preparati dell’avversario che, invece, conosce il territorio e che è pertanto in grado di “vedere”. Ecco, questo è il Combat Weather: fornire ai reparti, in particolar modo a quelli speciali, gli strumenti per eseguire una piccola previsione sullo scenario meteorologico nel quale si potrebbe incappare in azione” continua il maggiore Palazzo, aggiungendo che “dai nostri monitor si possono carpire anche altre informazioni: ad esempio sul mare, nell’eventualità in cui l’ ipotetica operazione da condurre sia marittima e anfibia”.
La formazione di cui parla Palazzo si materializza in corsi come il 1° Combat Weather che, nel maggio di due anni fa, ha coinvolto parte del personale del 17° Stormo incursori presso il Racsa (Reparto Addestramento Controllo Spazio Aereo) di Pratica.
“Il corso della durata di sette settimane è stato istituito per la prima volta quest’anno a seguito di richiesta della 1^ Brigata Aerea Operazioni Speciali. La necessità è nata per soddisfare le esigenze del 17°, Reparto impegnato in tutte le attività che caratterizzano le Forze Speciali nonché strumento strategico e moltiplicatore di forza del potere aereo nazionale in un contesto operativo internazionale connotato da minacce “asimmetriche” e sempre in mutamento […] Il percorso formativo, costruito con riferimento alla dottrina Nato Soali (Special Ops Air Land Integration), ha previsto un iter concentrato che ha consentito al personale corsista di poter effettuare osservazioni meteorologiche, rilevare dati attraverso stazioni meteo portatili, reperire informazioni attraverso le banche dati del Servizio Meteorologico ed effettuare briefing in fase di pianificazione operativa” si legge in una nota della Forza Armata.
Combat Weather futuro della guerra?
Sicuramente sarà uno strumento importante nei teatri operativi e, ancora più importante, sarà per gli eserciti avere a disposizione un numero sempre maggiore di uomini e di donne con il giusto addestramento. Negli Usa, ad esempio, dove l’operatore Combat Meteo si chiama Sowt ( Special Operations Weather Technician) a questa figura professionale è dato grande rilievo. La United States Air Force la descrive così:
“Come membri delle Operazioni Speciali dell’Aeronautica, i tecnici Sowt forniscono le informazioni necessarie alle loro squadre per completare con successo le missioni. Utilizzando gli strumenti atmosferici ad alta tecnologia, questi esperti altamente specializzati recuperano dati provenienti dai radar e dai satelliti meteo per trasmetterli alle squadre impegnate nello svolgimento di missioni ad alto rischio, in una varietà di condizioni (atmosferiche, nda), in tutto il mondo”.
Le nubi, dunque, possono “tirare” un sospiro di sollievo: nessuna manipolazione chimica e nessun complottismo da cover operation, solo scienza adattata alle necessità di una delle più arcaiche espressioni della civiltà umana: la guerra.
@marco_petrelli