“In auto, barca, trattore, bus, a cavallo, moto biciclette o a piedi”. L’invito a scendere in piazza di Freddy Guevara, coordinatore nazionale di VoluntadPopular, segna l’ultimo weekend di proteste in Venezuela. Il vicepresidente del Parlamento usa Twitter per moltiplicare l’adesione alla rivolta contro il governo Maduro, iniziata ormai più di un mese fa in coalizione con la Mud, i partiti di Unità nazionale che tentano il golpe al chavismo.
In piazza, da Maracaibo a La Asuncion, le fasce più diverse della popolazione
Secondo Guevara, il 72% dei venezuelani pensa che quella di Maduro sia una vera e propria dittatura e che l’unico modo di combatterla, è andare per strada. Una resistenza che si propone di essere inarrestabile: “Hanno ucciso i nostri bambini sulla strada – dice una manifestante – e la strada non resterà in silenzio”.
Ma i rumori della strada non sono solo quelli delle molotov e delle sassaiole. In mezzo a tutto questo c’è un violino che suona. È un uomo che non interrompe la melodia dell’inno nazionale durante gli scontri. Intorno a lui, i caschi e gli scudi di chi è sceso in piazza con lo slogan “Il mio scudo è la Costituzione”. Un video della Cnn, che sta facendo il giro del mondo è che amplifica il lato mediatico di una situazione tragica, sull’orlo della guerra civile, che è frutto di anni di incertezze e crisi economia e di ingerenze internazionali.La vittima numero 39, in questo mese di battaglia, si chiama Miguel Castillo e aveva 27 anni. Come lui anche Juan Pablo Pernalete ha perso la vita negli scontri. “È sempre stato un sognatore”, così sua madre Elvira lo racconta alla BBC mentre apre la porta della loro casa a Caracas. Un dolore, questo, che non ha spazio per essere portato in piazza.
I morti sono tornati in Venezuela dopo gli scontri del 2014
Vittime, allora, come rivendicato espressamente dal Comitato delle vittime di Guarimbas, di una particolare forma di guerriglia urbana esercitata dalla destra reazionaria, che, fin da principio, ha tentato di destituire il Presidente Maduro. Ma su quelle calle non ci sono solo i giovani. L’11 maggio, la marcia de losabuelos, i nonni, come testimoniato da numerosi tweet, è stata repressa dalla Policia National Bolivariana, con il gas pepe. La risposta ai lacrimogeni e ai cannoni d’acqua sono le “poopootov”, bombe di feci lanciate verso la polizia con delle enormi fionde durante la “shit march” organizzata da una parte degli oppositori del governo Maduro. Un Paese scontento che coinvolge appoggi e condanne oltre i confini nazionali. Nella giornata di domenica, centinaia di venezuelani sono scesi in piazza a Toronto contro il governo Maduro. Il presidente, intanto, vuole scongiurare a tutti i costi una guerra civile. Eletto nel 2013, dopo la morte di Chavez, con appena il 50,3% dei voti, è sempre stato sull’orlo della contestazione.
Tutti contro Maduro
Già debole, la crisi petrolifera ha ulteriormente inasprito le condizioni economiche del Paese, lasciando Maduro vittima anche dell’ira dei suoi sostenitori iniziali e delle rivendicazioni dei grandi padroni del mondo, estromessi dal mercato del greggio. Oggi, molti giovani, cercano di convincere i loro padri, elettori del Presidente, a voltargli le spalle. Nel frattempo, quello che Maduro cerca di fare, è proprio rimandare le elezioni, che, quasi sicuramente, lo vedrebbero sconfitto. “Aspetto solo il giorno in cui il Cne (Consiglio Nazionale Elettorale) voglia fissare la data delle elezioni dell’Assemblea Nazionale Costituente”, ha dichiarato pochi giorni fa il Presidente. Ma sono proprio le modalità di elezione, considerate un modo per aggirare il “suffragio universale” a scatenare il dissenso nel Paese.
La calma predicata da Maduro rimane per ora un buco nell’acqua e i metodi militari utilizzati contro i dissidenti entrano nell’occhio dello Human Right Watch, come era accaduto due anni fa con Amnesty International. L’organizzazione umanitaria si era infatti schierata a favore del fondatore del partito VoluntadPopularLeopoldo Lòpez, condannato a 13 anni e 9 mesi per vari reati, con l’aggravante di aver tentato di destabilizzare il governo Maduro.