A pochi giorni dal decisivo scontro elettorale che deciderà il massimo vertice politico iraniano, si accende la gara fra i due candidati più gettonati. Fra Hassan Rouhani e Ebrahim Raisi, esponenti rispettivamente dell’ala pragmatica e radicale contrapposte fra loro alle urne, il clima è quello del duello all’ultima sciabolata.
È al grido di “vogliamo la libertà”, come riporta l’agenzia Bloomberg, che la campagna elettorale di Rouhani si sta muovendo. Una campagna improntata all’avvicinamento all’Occidente, alla ricerca di un paese più moderno che possa dialogare con le potenze del “Grande Satana” come viene definito dagli avversari. Per i riformisti la loro “era” sarebbe finita. E il 19 maggio lo scontro finale alle urne deciderà chi avrà avuto ragione. Intanto, prosegue lo scontro elettorale fra i due candidati che ben rappresentano le due tensioni principali in Iran.
E non è certo di fioretto che l’attuale presidente in carica, a caccia del suo secondo mandato da leader politico della Repubblica Islamica dell’Iran, ha deciso di dare battaglia al suo avversario alle urne. Negli ultimi giorni l’attacco di Rouhani a Raisi, e ai quadri religiosi che dietro a Raisi sostengono l’ala conservatrice, si è fatto più deciso.
La conferma verrebbe da una dichiarazione dell’ancora leader sciita riportata dall’agenzia Isna, definita dal New York Times come semi-ufficiale. Secondo la fonte il presidente Rouhani avrebbe parlato di una non familiarità, e di un non-desiderio, da parte degli elettori nel vedere ancora sulla scena qualcuno che abbia familiarità con “esecuzioni e incarcerazioni”.
Nella frase riportata dall’agenzia non sembrerebbe apparire nessuno dei sui cinque avversari (i candidati alla presidenza che si voterà il 19 maggio sono in tutto sei), ma il riferimento al suo diretto avversario, perché eletto dalla coalizione radicale, Raisi. E non solo a lui. Bensì alla magistratura, della quale Raisi è stato membro in passato.
Nello stesso discorso tenuto agli elettori infatti, sebbene velatamente, il moderato sembrerebbe tirare la stoccata proprio ai quadri che sostengono l’ala più vicina all’Ayatollah: la Guardia della Rivoluzione, che avrebbe spinto l’elezione di Raisi alla testa dei conservatori. Per Rouhani infatti chi “dispone di fondi pubblici” non dovrebbe “diffondere disperazione”.
Una critica, quella del candidato pragmatico, che non resta la sola scagliata nei confronti di Raisi. Rouhani infatti avrebbe mirato personalmente a minare la credibilità del suo avversario. La domanda posta dal riformista a Raisi si concentra sul suo rapporto con le tasse.
Il paradosso, secondo Rouhani, vedrebbe infatti nell’avversario politico del 19 maggio il fondatore di un’organizzazione umanitaria che non avrebbe, a dire dei pragmatici, reso al fisco quanto gli spetta.
Le elezioni che si terranno sono quanto mai decisive per la storia recente dell’Iran. Rouhani e Raisi infatti rappresentano due tensioni molto forti interne al paese: la tradizione e l’innovazione. E chiunque vinca il 19 maggio non potrà non fare i conti con la fazione opposta.
@Lenrico1