Non era necessario attendere il responso del primo turno per rendersi conto di quanto la Francia sia divisa in questa sua drammatica fase di storia. Centinaia di morti e una campagna martellante tra chi, ancora, è a favore di una certa idea di Europa e chi, come Marine Le Pen, vorrebbe archiviare i sessant’anni di Francia nella comunità europea, hanno decretato, come era ampiamente prevedibile, un ballottaggio che catalizzerà su di sé l’attenzione di tutti gli osservatori internazionali per i prossimi quindici giorni.
Di certo, e non è un dettaglio trascurabile, i francesi domenica hanno mandato in pensione le due colonne portanti della gloriosa quinta repubblica: gollisti e socialisti per la prima volta nella storia sono fuori dalla possibilità di accaparrarsi la corsa all’Eliseo. Un film già visto in Austria e che pone in serio pericolo tutta l’intelaiatura politica europea, caratterizzata dall’alternanza novecentesca tra socialismo democratico e tradizione popolare.
Un tracollo verticale il quale, tuttavia, ha cause e numeri profondamente differenti. Non è paragonabile, infatti, il disastro di Hamon, che pure si era brillantemente imposto nelle primarie socialiste contro il primo ministro Valls (anch’egli, all’epoca, speranza della sinistra giovane e innovatrice) con il magro verdetto di Fillon, un altro primo ministro che aveva addirittura, sempre con le primarie, tagliato fuori due pesi massimi dell’ex Ump come Sarkozy e Juppè.
Investito da ripetuti scandali, più o meno rilevanti, Fillon ha comunque mantenuto un certo consenso che avrà, ancora, il suo peso alle prossime legislative. Una tornata dove Les Republicains giocheranno la loro partita in modo decisivo per determinare gli equilibri del futuro governo che, a naso, rischia di riproporre la coabitazione già vista in Francia ai tempi delle presidenze di Mitterrand e Chirac. Per il Partito Socialista è, invece, un’altra storia, la storia di un declino amaro che, pur ampiamente previsto, getta nel panico tutte le sinistre al governo. Nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe mai immaginato al poco più del misero sei per cento di ieri sera che ha ufficializzato i cinque anni di Hollande come i più impopolari nella storia delle presidenze francesi.
E proprio come in Grecia con Tsipras, la sinistra massimalista ha avuto la meglio, e non di poco. L’outsider ed eterno rivale di Hollande ai tempi della sua segreteria, Mélenchon, ha fagocitato l’elettorato socialista, triplicando i voti di Hamon e rischiando per pochissimo di superare nei consensi il gollista Fillon. Diamo un numero: oggi, l’elettorato di sinistra in Francia, assieme, avrebbe il 26%, forse qualcosa di più. Paradossalmente più di Macron che, in una ipotetica tornata con un fronte di sinistra unito, sarebbe stato il secondo concorrente. Un ballottaggio potenzialmente esplosivo, tutto interno al campo progressista. Il discrimine tra la sinistra socialista e quella di Mélenchon è proprio, prima di tutto, l’Europa, massimo fattore discriminante tra le forze in campo di questo primo turno.