Schermaglie, minacce e sviste. È seguendo questo copione che continua la sfida a distanza fra i leader di Washington e Pyongyang. Da Washingon il filo diretto con Pechino, dopo la visita del leader cinese in Usa i rapporti sembrano essersi cementati fra la Casa Bianca e la Repubblica Popolare, non smette di essere tenuto in vita con continui appelli alla distensione suggeriti dalla capitale cinese.
È infatti sia dal Pentagono che dalla Cina che arrivano nelle ultime ore, all’indirizzo di Kim Jong-Un, inviti a più miti consigli. Per la Cina infatti qualsiasi risoluzione delle controversie non rientrante nei limiti del Consiglio di Sicurezza non sarà accettata. Pechino invita quindi ad alleggerire i toni e a far rientrare la minaccia nucleare, destabilizzante per l’intera area.
Il timore di un nuovo test missilistico
Il timore è che nelle prossime ore un nuovo test missilistico, dopo quello fallito in prossimità della parata in onore del padre della nazione nordcoreana moderna, possa essere effettuato. Con conseguenze molto gravi per la situazione già molto tesa per via degli ultimi sviluppi.
Dopo il bizzarro errore sul tracciamento della rotta, o presunto tale, della maxi nave da guerra di Trump, la Uss Carl Vinson, la macchina da guerra Usa ora starebbe realmente puntando verso il nord della penisola coreana. E Kim Jong-Un non smette di mostrare i muscoli, puntando il fuoco, per ora soltanto diplomatico, su qualsiasi possibile legame americano nella penisola.
Rapporti sempre più tesi tra Trump e Kim Jong-Un
Stavolta il leader a vita della Repubblica Nordcoreana ha infatti deciso di mirare al rapporto che Washington ha con i suoi concittadini all’estero, arrestando un uomo dal passaporto americano. Si tratta del terzo detenuto di nazionalità Usa trattenuto dal regime di Pyongyang.
Il 50enne Tony Kim è un religioso, facente parte della comunità protestante evangelica, ed è stato arrestato per proselitismo. A Pyongyang l’ateismo di Stato non permette una libera diffusione dei messaggi confessionali, per questo l’uomo ora rischia di essere l’ennesimo motivo per esasperare ancor di più le tensioni fra i due paesi.
L’informazione dell’arresto di Kim Sang-duk, vero nome dell’insegnante universitario di contabilità che il leader nordcoreano vorrebbe usare come moneta di scambio, è rimbalzata di ambasceria in ambasceria fino ad arrivare alle orecchie di Donald Trump.
Il filo di comunicazione aperto per scongiurare il disastro fra Washington e Pyongyang è rappresentato dagli svedesi. Sarebbero stati loro ad avvertir per primi la Casa Bianca dell’arresto del 50enne.
Per il presidente Usa si tratterebbe della prima crisi con ostaggio da risolvere, mentre le navi americane si dirigono verso le acque territoriali nordcoreane. Un tassello che va a ingarbugliare ancor di più lo scenario dell’area. L’arresto del cittadino americano arriva fra le consuete minacce di Kim Jong-Un e i colloqui con gli altri leader delle potenze più vicine a lui: Cina e Giappone.
Cina e Giappone invitano alla calma tra i due leader
Nelle stesse ore la Casa Bianca aveva infatti dato notizia di due colloqui telefonici con le cancellerie di Tokyo e Pechino, con il presidente cinese Xi Jinping e il premier giapponese Shinzo Abe. Mentre la diplomazia non smette di lavorare nella speranza di evitare la guerra, la propaganda continua a essere la vincitrice di questo, ancora non armato, scontro fra Washington e Pyongyang.
Sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nordcoreani riecheggiano le pesanti minacce di Kim indirizzate alla Carl Vinson, definita un “gigantesco animale” sulle colonne dei media di regime. Dalle pagine del quotidiano ufficiale del Partito dei Lavoratori viene fuori un altro numero di Kim per continuare a mantenere alta la tensione: un piano di attacco biochimico contro la nazione nordcoreana. Una minaccia davanti alla quale il regime non intenderebbe indietreggiare, ma che avrebbe intenzione invece di combattere, annientando il nemico con un solo colpo.