“La battaglia degli stomaci vuoti”. Così la stampa dei Territori occupati ha definito lo sciopero della fame a oltranza proclamato lunedì da circa 1500 prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. La richiesta è una sola: il miglioramento delle condizioni di vita all’interno degli istituti detentivi. La protesta – secondo quanto riferisce il quotidiano “Jerusalem Post” – è guidata dall’esponente di spicco del partito laico di Fatah, Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli nel 2004 e considerato da molti come uno dei leader in grado di poter competere politicamente con l’attuale presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas.
Barghouti è riuscito a far trapelare dal carcere di Hadarim, a nord di Tel Aviv, un lungo articolo dal titolo “Why We Are on Hunger Strike in Israel’s Prisons” pubblicato sul “New York Times”, nel quale ha denunciato il “sistema giudiziario a due livelli” istituito dallo Stato ebraico. Una sorta di “apartheid giudiziaria, che garantisce l’impunità per gli israeliani che hanno commesso crimini contro i palestinesi e criminalizza la presenza e la resistenza palestinese”. “I prigionieri palestinesi – scrive Barghouthi – stanno soffrendo torture, trattamenti degradanti e inumani, oltre che negligenza medica”. “Alcuni – continua – sono stati perfino uccisi in custodia”.
L’esecutivo israeliano
Da parte sua l’esecutivo israeliano ha definito “molto grave” la falla nei sistemi di sicurezza del penitenziario di Hadarim che ha permesso la fuoriuscita e la pubblicazione non autorizzata dello scritto del leader palestinese. Il ministro per la Sicurezza di Tel Aviv, Gilard Erdan, ha convocato per una riunione d’emergenza i responsabili del servizio carcerario, i rappresentanti delle Forze di sicurezza (Idf) e gli esponenti del servizio d’intelligence interna d’Israele (Shin Bet). Erdan ha riferito in un comunicato che “la protesta guidata da Barghouti è motivata da ragioni di politica interna dei palestinesi e per questo motivo contiene richieste irragionevoli». Subito dopo la proclamazione dello sciopero della fame, il leader palestinese è stato trasferito dal carcere di Hadarim in un altro istituto penitenziario e richiuso in cella di isolamento.
Discordia Abbas- Hamas
Da Ramallah, Abbas ha espresso solidarietà ai detenuti palestinesi (circa 6.500, secondo le stime dell’Anp) e ha perorato un intervento internazionale in loro favore. Analoga posizione anche per il gruppo fondamentalista islamico di Hamas attivo a Gaza, in questi giorni impegnato in un aspro confronto politico con l’Anp per la gestione della Striscia. “Le richieste elencate da Barghuti – ha convenuto – sono condivisibili”, ma finora non ha ancora ordinato ai suoi militanti di partecipare allo sciopero della fame.
A Gaza, Hamas ha organizzato manifestazioni contro Abbas. Il malcontento deriva dalla decisione dell’esecutivo palestinese di decurtare gli stipendi dei funzionari pubblici dell’Anp nella Striscia e dai contrasti fra Hamas e Autorità palestinese sul finanziamento del diesel necessario al funzionamento della centrale elettrica della Striscia. Per via di questi contrasti, la centrale ha cessato di funzionare e l’erogazione della elettricità è stata ulteriormente razionata. Al momento particolarmente drammatica – hanno riferito fonti di Gaza – è la situazione negli ospedali dove le sale operatorie sembrano vicine al collasso. Nell’enclave palestinese – hanno aggiunto – l’esasperazione sta raggiungendo livelli di guardia. Abbas, il prossimo 3 maggio, è atteso alla Casa Bianca per il primo incontro ufficiale con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’incontro sarà preceduto dalla visita di una delegazione dell’Anp che sarà a Washington il prossimo 23 aprile.
A Gerusalemme è intifada dei coltelli
A Gerusalemme, invece, è ancora intifada dei coltelli. Una studentessa britannica è stata accoltellata a morte su un tram da un palestinese nei pressi della Città Vecchia lo scorso venerdì. Aveva 23 anni. L’aggressione è avvenuta mentre in città erano state rafforzate tutte le misure di sicurezza in occasione delle festività per la Pasqua ebraica (Pesach) e cristiana. Bloccato dalla polizia, l’assalitore è stato arrestato e identificato come Jamil Tamimi, 57 anni, residente a Gerusalemme Est. A quanto riferiscono i servizi interni dello Shin Bet, l’uomo soffriva probabilmente di problemi mentali. Quest’anno, Tamini aveva cercato di suicidarsi inghiottendo una lametta mentre si trovava in ospedale. Nel 2011 era stato condannato per aggressione sessuale alla propria figlia. “Pieno cordoglio” alla famiglia della giovane studentessa è stato espresso dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, subito dopo l’accaduto. “Negli ultimi giorni – ha rivelato il premier – Israele ha sventato anche altri attentati”.
@la_sirianni