La banlieue parigina, la periferia della capitale francese, è un micromondo, un luogo all’interno di uno Stato che da solo è in grado di rifletterne la composizione, gli umori, le paure e le preoccupazioni della Francia. Un ambiente variegato, plastico e duttile, in grado di assorbire e mostrare senza alcun filtro quella che è l’essenza della società stessa, uno specchio dove essa può ammirarsi senza maschera, scoprendo i nei e le cicatrici che normalmente non potrebbe e vorrebbe vedere.
La periferia di Parigi è, di fatto, un unicum. A partire dalla sua struttura amministrativa, formata da comuni indipendenti dalla Ville Lumiére: ognuno con una sua storia, un passato e un orgoglio differente. Essi sono abitati da comunità e popolazioni diverse e intersecate fra loro, che spesso finiscono per formare un mix a volte difficile da interpretare, ma sempre leggibile agli occhi di chi conosce le loro realtà, e sa leggervi le questioni e i problemi che le affliggono e le caratterizzano.
Nella Francia dello stato d’emergenza le banlieues sono state considerate territori dell’estremismo e del disordine sociale, e tutto ciò che le concerne nel discorso pubblico ha assunto toni sempre più allarmisti, quando non addirittura xenofobi. D’altronde è la stessa etimologia della parola banlieue a suggerire un’esclusione de facto da quella che è la società “normale”: se “ban” vuol sostanzialmente dire “bandire” e “lieue” è la traduzione francese di “luogo”, ecco che la parola assume significato di luogo bandito, diverso, da escludere, finendo inevitabilmente per considerare la banlieue parigina come un unico e inscalfibile Molok. Non è così, e sono le differenze tra esse a caratterizzarle, insieme a chi ci vive.
Tali differenze, a volte fortissime e stridenti, rendono però l’idea di una Francia spaccata, quantomai divisa e diversificata al suo interno, a tratti incapace di comprendere le diversità e agire di conseguenza. Ma allo stesso tempo fornisce una chiave di lettura unica di quella che dovrà necessariamente essere l’agenda politica dell’amministrazione che uscirà dalle urne delle prossime presidenziali francesi. Ed è qui che andremo a cercare le risposte alle nostre domande, i punti di partenza di quella che vuole essere l’analisi di un organismo multiforme.
I volti della banlieue sono molteplici. A partire da quello dell’irrealmente ricca Neuilly-sur-Seine, a ovest della capitale, dove il cinguettio degli uccelli nelle giornate di sole fa da eco ai motori di potenti Suv con alla guida giovani e meno giovani professionisti, che vanno a prendere alle scuole d’élite i propri figli e nipoti. Il suo opposto è quello del comune-ghetto Aubervilliers, a nord-est di Parigi, dove criminalità, isolamento e mancata integrazione la fanno da padrone: un luogo in cui spesso chi ci nasce trascorre la sua intera vita, senza mai uscirne o sperimentare alcunché di diverso se non degrado e disattenzione dello Stato, ma dove allo stesso modo molte associazioni cercano, sottotraccia, di far sì che la città si rialzi sulle sue gambe. Ma esistono anche luoghi dove l’integrazione ha funzionato e le diseguaglianze sociali sono appianate, come il comune di Ivry-sur-Seine a sud della città, o comuni come Saint Ouen, nel nord, dove è possibile toccare con mano il problema del costo delle abitazioni parigine, assistendo a veri e propri fenomeni migratori dal centro verso la periferia di chiunque non possa permettersi un appartamento dentro il confine segnato dal boulevard périphérique.
È guardando questi volti che andremo a conoscere i problemi del “Paese reale”, cercandone le risposte ed ascoltando voci e storie di chi li vive, speranze e paure, in un modo diverso per aprire gli occhi e vedere il cambiamento attraverso le esistenze di chi lo sta vivendo. Una possibilità di osservare in che direzione sta andando la società francese, a tre settimane dal primo turno delle elezioni presidenziali. Quattro identità, quattro comuni, una storia da raccontare, in un racconto a quattro puntate lungo tre settimane.
Da Parigi
Stefano Fasano @stefasano
Veronica Di Benedetto Montaccini @veronicadibm