Tutti contro il Califfato. A pochi chilometri dall’ingresso nelle due roccaforti dell’Isis, sembra profilarsi un’alleanza inaspettata per mettere fuori combattimento Al Baghdadi.
Curdi, russi, americani e siriani infatti sembrerebbero vicini a coalizzare le loro forze per mettere sotto scacco la città di Raqqa in Siria. Il motivo di tale scelta sembra essere quello di diminuire l’impatto di un esercito che comunque la popolazione, già provata dal lungo conflitto perdurante fin dalla fondazione del Califfato nel 2014.
Sebbene l’operazione di accerchiamento abbia dato i suoi frutti, l’esercito siriano dovrebbe essere quello designato a entrare per primo. Dislocate a ovest della città, le forze lealiste appoggiate dal Cremlino sono a 80 chilometri dalla roccaforte Isis. Le milizie curde, spalleggiate da addestratori occidentali, sono però più vicine: in alcuni punti del fronte disterebbero soltanto a 15 chilometri dall’obiettivo finale.
Tuttavia, la popolazione locale siriana non vedrebbe di buon occhio la bandiera dell’esercito curdo sventolare a Raqqa. Ecco perché i vertici militari dell’Ypg sembrerebbero aver fatto un passo indietro: l’esercito siriano deve essere il primo a entrare in città per la liberazione dalle grinfie dell’esercito dello Stato Islamico.
La propaganda e il dirottamento dell’informazione
Una situazione, questa, che favorirebbe l’accerchiamento coordinato da parte di tutte le forze che lottano per liberare la città per spezzare l’ultima resistenza del Califfato. Ma la soluzione, che aprirebbe uno spiraglio per le trattative future per la pace in Siria, non troverebbe tutti d’accordo. Per la Turchia l’Ypg è una organizzazione terroristica ed Erdogan non ha intenzione di innalzare a livello di un interlocutore politico i vertici dell’esercito curdo. Nel frattempo, in enorme difficoltà per carenza di armi e viveri, i miliziani jihadisti si appellano all’ultimo baluardo, quello con cui hanno conquistato il territorio finora controllato: la propaganda e il dirottamento dell’informazione.
Dai megafoni della polizia della città si starebbe spandendo una voce: la diga vicina a Raqqa sarebbe crollata. Nei giorni scorsi infatti il Califfato avrebbe già sfruttato l’episodio di un raid aereo non andato a buon fine nei pressi della diga di Tabqa, vicino a Raqqa, per terrorizzare la popolazione civile. I cittadini della roccaforte Isis, infatti, avrebbero abbandonato le loro case per dirigersi verso le colline, rallentando le operazioni dell’esercito anti-jihadisti.
Il fronte iracheno
Sul fronte iracheno le cose non sembrano molto diverse: Al Baghdadi, che dovrebbe essere proprio a Mosul dove il Califfato ha mosso i primi passi, sembrerebbe alle strette.
Alcune fonti governative vorrebbero il capo dei jihadisti circondato dalle forze irachene e impegnato a escogitare una fuga rocambolesca per evitare la cattura, ormai imminente secondo fonti irachene.
Nel ginepraio siriano-iracheno l’informazione ha spesso le stesse sembianze della propaganda, ma ci sarebbe di più. Al Baghdadi, stando alle forze irachene, sarebbe stato ferito durante uno dei tanti raid aerei che stanno martellando le linee jihadiste.
La pioggia di piombo però non risparmia nessuno. Trasportare aiuti nelle zone di guerra è sempre più difficile. Per il presidente iracheno, Fuad Masum, infatti sono almeno 165.744 gli sfollati che a partire dal 25 febbraio hanno abbandonato le loro abitazioni nella parte occidentale di Mosul. In città se non si muore per quello che cade dal cielo è la fame a completare la strage.