Mancano meno di trenta giorni al primo turno delle elezioni presidenziali in Francia. Tra disoccupazione, degrado, periferie e radicalizzazione da gestire, l’unico grande vincitore sembra essere “il partito degli indecisi”.
La maggioranza silenziosa
“Non posso esprimermi, nessuno mi rappresenta. Sono di centro-destra ma Fillon mi ha davvero deluso con tutta la sua corruzione. Forse andrò a votare scheda bianca” confessa Johan, 60 anni, proprietario di un negozio di mobili nel centro di Parigi che non ha perdonato lo scandalo dei conflitti d’interesse al candidato conservatore. Come lui, il 40% dei francesi non sa ancora chi votare nei due turni per le presidenziali del 23 aprile e del 7 maggio. Secondi i sondaggi, qualcuno non sa neanche se andrà ai seggi per votare in bianco. Una situazione del genere non si è mai vista in Francia, a un mese dagli scrutini. I cittadini non si sono lasciati ammaliare neanche dal famoso dibattito del piccolo schermo.
Anatomia di un dibattito televisivo
“Le Grand Débat” ha riunito i cinque candidati francesi più quotati davanti a 10 milioni di spettatori. In questo ordine: Marine Le Pen, Emmanuel Macron, François Fillon, Benoît Hamon e Jean-Luc Mélenchon. In molti cercano di identificare un vincitore o un personaggio che ha spiccato nel dibattito. Sono molto pochi però quelli che si informano sul capro espiatorio che ha incassato colpi per tutto il tempo: l’Europa. A Marine Le Pen è bastato infatti 1 minuto e 30 per smontare l’Unione Europea. Mentre tutti gli altri candidati hanno delineato i loro progetti per la Francia, Marine Le Pen ha usato il suo momento conclusivo davanti alla telecamera per andare contro l’Ue. “Ci incanala, ci proibisce, ci esaspera e ogni volta che vogliamo far trionfare il buon senso non ci permette di farlo. Indipendenza non significa sottomettersi ai burocrati di Bruxelles. L’indipendenza è la possibilità di decidere per noi stessi”. Nonostante più di tre ore di diretta, ha commentato Le Monde, “i francesi non ci vedono più chiaro in questa campagna piena di colpi di scena”. Molti temi diversi sono stati affrontati in poco tempo e gli scandali giudiziari di cui si è tanto discusso nelle ultime settimane sono stati a malapena toccati. Un altro dato: mentre ci si aspettava che gli altri quattro candidati concentrassero i loro attacchi contro Emmanuel Macron, il candidato liberale di En Marche!, questo non è accaduto. Il leader di En Marche! non è stato particolarmente brillante: è andato bene sulle questioni economiche e fiscali, ma è uscito dal suo angolo solo per rispondere a qualche attacco di Marine Le Pen e Benoît Hamon che avevano a che fare con il suo rapporto con il denaro e con i donatori della sua campagna elettorale. Quindi ancora 1 a 0 per l’indecisione.
Cosa bisogna sapere a un mese dal voto
Il 23 aprile è la data del primo turno delle presidenziali. I seggi apriranno alle 8 e saranno chiusi alle 19. Entro il 26 aprile ci sarà la proclamazione ufficiale dei risultati del primo turno da parte del Consiglio Costituzionale. Il 7 maggio, invece, è il giorno del secondo turno delle presidenziali. Dopo pochi giorni, l’11 maggio, la proclamazione ufficiale dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, che segna anche la fine del mandato di Francois Hollande. L’ultima tappa sarà il 17 maggio con la proclamazione ufficiale dei risultati del secondo turno da parte del Consiglio costituzionale. Undici i candidati che hanno ottenuto le firme per correre per l’Eliseo, ma solo tre, secondo i sondaggi, davvero in corsa: per la destra dei Républicains Francois Fillon, per l’estrema destra del Fronte Nazionale Marine Le Pen, per il movimento social-liberale En Marche! del centrista Emmanuel Macron. Candidati di peso, ma considerati fuori gara, sono quello del Partito socialista Benoît Hamon e per la sinistra radicale di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon: i loro voti saranno importantissimi al secondo turno. Ci sono poi il candidato di Debout la France Nicolas Dupont-Aignan (più a destra di Fillon, moderato rispetto a Le Pen), François Asselineau per la destra ultranazionalista dell’Unione popolare repubblicana, il ‘gollista di sinistra’ Jacques Cheminade di Solidarietà e Progresso, Nathalie Arthaud dell’estrema sinistra di Lotta Operaia, Jean Lassalle ex centrista virato a sinistra e per il Nuovo Partito Anticapitalista Philippe Poutou.
Un Renzi francese
I sondaggi prevedono un ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Macron doveva essere “una bolla”, ma la sua candidatura non è scoppiata, tutt’altro. Ben piazzato al centro dello scacchiere politico, a un mese dal primo turno il 39enne Emmanuel Macron sembra in grado di vincere la grande sfida di arrivare all’Eliseo – sarebbe il più giovane leader della storia francese moderna – sulle ali di un movimento, En Marche! (In Movimento, ma le iniziali sono quelle del suo nome e cognome) nato solo alla fine della scorsa estate. La sua esperienza da ministro dell’Economia dal 2014 al 2016 è legata alla riforma del diritto del lavoro, la discussa Loi du Travail, che ha affrontato il tabù dell’orario di lavoro e dei licenziamenti facilitati. Molte, secondo i commentatori politici francesi, sono le somiglianze con Matteo Renzi: l’essere progressista e voler ottenere riforme a tutti i costi, le politiche liberali, la comunicazione e soprattutto la negazione della vecchia classe politica.
Le vere sfide d’oltralpe
Durante il dibattito televisivo, si è parlato poco di questioni internazionali e terrorismo, i veri punti fondamentali per l’Esagono. Marine Le Pen ha additato Macron di “vuoto assoluto”, Macron ha risposto accusando di “troppa vicinanza Le Pen con Putin” e parlando di “una Francia che deve ridiventare forte in Europa”. Tutti i candidati, tranne Mélenchon, hanno sottolineato la loro volontà di potenziare il budget di difesa entro il 2025 per un “assoluto bisogno di sicurezza”. E’ curioso vedere come ogni candidato abbia definito la propria linea presidenziale con una parola: Hamon “voto utile”, Fillon “alternanza”, Mélenchon “potere del popolo”, “rinnovamento” Macron e “indipendenza” Marine Le Pen. Anche le parole contano a un mese dalle elezioni.