Torna l’incubo dei maltrattamenti sui minori negli asili nido. “La maestra è cattiva, non voglio più andare a scuola”, avrebbe raccontato ai genitori il piccolo di quattro anni, vittima di schiaffi, urla e spinte ad opera di una maestra di una scuola materna di Fiumicino, che per questi motivi è finita agli arresti domiciliari. La donna, 63 anni, lavora nella scuola dell’infanzia “Lo Scarabocchio”. Secondo le prime ricostruzioni a far scattare l’allarme sarebbero state le denunce di alcuni genitori. Un allarme raccolto dalle forze dell’ordine che avevano posizionato delle telecamere nascoste nella classe dove lavorava la maestra. Il Comune di Fiumicino, in una nota diffusa in serata, ha dichiarato di seguire “con grande attenzione questa vicenda e le delicate implicazioni che comporta. Verranno assunte tutte le decisioni utili, in primo luogo, per la tutela e la salvaguardia dei nostri bambini”.
L’episodio, se confermato dagli inquirenti, riaccende l’allarme violenze sui minori e i mancati controlli nelle scuole. Nell’inchiesta di Ofcs Report, realizzata lo scorso gennaio, a destare maggiore preoccupazione erano appunto i dati “sommersi”, ovvero le mancate denunce di famiglie o di personale scolastico che per paura di ritorsioni preferisce non sporgere denuncia. Un caso al mese finisce sulle pagine delle cronache, ma decine di altri episodi rimangono nel silenzio, colpa anche del mancato censimento da parte degli Enti preposti (Miur e Garante infanzia in primis), che quando si tratta di violenza sui minori sembrerebbero non voler prendere in considerazione i tanti e gravi fatti commessi da docenti a danno di alunni, in particolar modo verso i più piccoli.
Il caso di Fiumicino, dunque, è solo l’ultimo in ordine cronologico, ma il 2017 ha già raccontato un episodio di maestre violente. Una storia di minacce e botte in classe, con due maestre di 49 anni di una scuola elementare di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, sospese dall’attività in quanto avrebbero più volte insultato e malmenato alcuni studenti. L’inchiesta, anche qui, è stata avviata dopo le denunce di alcuni genitori che avevano notato segni sul volto dei figli. I carabinieri avevano poi installato varie telecamere di videosorveglianza nella scuola. Immagini che, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, avrebbero evidenziato atteggiamenti non educativi e violenti messi in atto dalle docenti nei confronti dei bambini. In base ai filmati il gip del Tribunale di Palmi ha subito emesso un’ordinanza di sospensione dall’attività nei confronti delle maestre calabresi.
Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione nazionale di 8.000 adolescenti dai 14 ai 19 anni, 2 adolescenti su 10 dichiarano di essere stati trattati male, denigrati o insultati da una maestra o da un professore. Il 7% è stato strattonato o picchiato da una maestra o da un professore e il 10% di loro è stato costretto durante la carriera scolastica, a dover cambiare scuola per colpa della violenza subita da parte delle maestre. A destare preoccupazione, come spiega Maura Manca, psicoterapeuta e direttrice dell’Osservatorio, sono le conseguenze di queste violenze. “I ragazzi che hanno subito nel corso della loro vita aggressioni e violenze sono anche quelli che dichiarano di essere stati in cura da uno psicologo o di aver ricorso a farmaci per contenere vissuti ansiosi ed emotivi in maniera significativa rispetto a coloro che non hanno subito questo tipo di violenze. Anche la loro autostima è stata intaccata e dall’identikit dell’adolescente vittima delle maestre violente troviamo anche sentimenti di tristezza e vissuti depressivi e frequenti crisi di pianto. Sul versante opposto – spiega la dottoressa Manca – capita spesso che i bambini presi di mira siano coloro che hanno problemi nella sfera del comportamento, sono più oppositivi e provocatori o hanno dei deficit di attenzione e iperattività. Questi bambini a casa diventano più nervosi, ancora più disattenti e incrementano le loro reazioni e comportamenti esternalizzanti. Si portano dentro una profonda rabbia e la devono scaricare verso l’esterno, a volte con delle vere e proprie crisi di rabbia o addirittura attaccando il proprio corpo e facendosi del male, per esempio dandosi pugni o sbattendo contro il muro”.
@PiccininDaniele