L‘Italia ha emanato un provvedimento che, sebbene eticamente discutibile, è finalmente pragmatico: permettere agli stranieri di soggiornare in Italia pagando una tassazione forfettaria sui proventi esteri pari a 100 mila euro annui facendo concorrenza ad altri paesi. Nulla di nuovo: chi vive all’estero sa bene che leggi simili sono presenti in Svizzera, Regno Unito e più recentemente in Portogallo. La debolezza strutturale di tale italico provvedimento sta invece nella mancanza di strategia: infatti i paesi che hanno adottato provvedimenti simili contemporaneamente hanno creato il viatico per le aziende straniere a insediarsi – e quindi pagare tasse – nei propri territori.
L’Italia no, permette solo ai Paperoni-persone fisiche, di soggiornare in Italia pagando una tassa fissa relativa alle attività estere e non alle persone giuridiche/aziende. Così sono in molti a ritenere che questo sia un provvedimento su misura per poter far rientrare in Italia il detentore della tessera numero 1 del PD, Carlo Debenedetti.
Un fatto mi ha innervosito relativamente al nuovo provvedimento italico sui Paperoni/persone fisiche: l’unico paese a lamentarsi è stata la Germania. Pubblicamente, con un articolo sul Welt am Sonntag a cui seguiranno denunce europee. Quindi, mi sono detto, perché proprio la Germania? Ha paura di perdere gettito? Direi di no, la ricchezza tedesca è soprattutto aziendale, Berlino si dovrebbe preoccupare di un provvedimento che permettesse sconti fiscali a chi si insedia produttivamente in Italia.
La conclusione è semplice: il provvedimento italiano coglie nel segno ferendo gli interessi quanto meno dei paesi satelliti di Berlino, in ogni caso la Germania teme l’Italia e non vuole che si riprenda. Sì, l’austerità, come sostengo da anni, serve solo a coloro che vogliono indebolire i periferici, probabilmente per conquistarli economicamente in un secondo tempo, come successo per la Grecia. Oggi questa inattesa – e anche impropria per molti versi – lamentela di Berlino sulla tassa sui Paperoni, tutto sommato un dettaglio nel mare magnum del debito nazionale, ci fa capire che non ci siamo andati lontani a “pensar male” in passato.
Appunto, come suggerito nelle scorse settimane, Roma dovrebbe emettere un provvedimento atto a sanare l’incongruità nella legge in oggetto tra persone fisiche e persone giuridiche, ad esempio fissando una flat tax per 10 anni al 12,5% (come l’Irlanda) anche per gli utili delle aziende italiane che rientrano dopo aver delocalizzato, permettendo parimenti di scaricare tutti i costi operativi integralmente se di provenienza italiana sempre per 10 anni (sui costi esteri si procederebbe invece ad attenta analisi).
In questo modo si permetterebbe al paese di recuperare gettito “pesante”, quello aziendale, incluso l’indotto fatto non solo dagli utili ma soprattutto da occupazione oltre che spese e investimenti in loco.
Chiaro, tale provvedimento sarebbe inviso all‘Europa e soprattutto a Lussemburgo e Olanda, meta principe delle aziende delocalizzate italiche (ma anche Germania). Da qui l’attesa levata di scudi dell’Ue interessata a rubare tassazione al vicini con leggi asimmetriche, fatto che comunque non dovrebbe cambiare di una virgola l’impostazione del provvedimento lato italiano (ne va dell’interesse e – perché no – della sicurezza nazionale).
Un piccolo appunto sulla Grecia e su come sia finita nell’inferno attuale: Atene è stata costretta a obbedire alla Troika e quindi ad affamare il paese con un mix di ricatti interni (la lista Lagarde depurata dai nomi dei politici/governanti che poi hanno implementato il rigore, vedasi inchiesta di Hotdoc) e soprattutto esterni, ossia la Grecia è stata bellamente minacciata di invasione dalla Turchia, quanto meno per le sue isole a est. E l’Ue – nelle more di un confronto anche duro, almeno ai tempi di Varoufakis – ha chiaramente negato la sua “protezione” in caso di sforamento dei parametri economici e di austerità. Così si spiega la discesa agli inferi dei colleghi ellenici. Peccato che Ankara sia alleata di Berlino da oltre un secolo, giocano assieme, non è un caso se ogni qual volta Atene alza la testa viene bastonata sia dalla Troika che – soprattutto – dalle minacce guerrafondaie turche.
Dovremmo ricordare che per l’Italia, con tutte le basi Usa sul suo territorio, le cose sono profondamente diverse. E forse per questo, per la grande amicizia che la lega a Washington, Roma è un grave percolo per le prospettive del benessere eurogermanico del III millennio.