Quattro colpi alla testa, sparati a distanza ravvicinata da una pistola con silenziatore. E’ morto così il leader del gruppo islamista palestinese di Hamas, Mazen Fuqaha (38 anni). Nella notte di venerdì, l’uomo è stato ritrovato senza vita in garage, ancora seduto al posto di guida della sua auto, in un quartiere a sud di Gaza City. Originario di Tubas, in Cisgiordania, Fuqaha era un ufficiale di alto livello delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato del movimento fondamentalista palestinese. Hamas punta il dito contro Israele. In un comunicato diffuso dalle Brigate al Qassam l’assassinio viene definito “un omicidio mirato extragiudiziale commesso dal nemico sionista”. Sotto accusa gli uomini del Mossad, l’agenzia israeliana di spionaggio all’estero. Finora Tel Aviv ha preferito non commentare l’accaduto. Tuttavia, alcuni funzionari israeliani hanno precisato che l’uomo era stato coinvolto, in passato, nella pianificazione di diversi attacchi contro Israele.
La morte di Fuqaha ha sollevato non poche tensioni all’interno dello Stato ebraico ma soprattutto, si legge sul “New York Times”, “potrebbe minare il già fragile cessate il fuoco raggiunto a Gaza nel 2014, dopo 50 giorni di conflitto tra Israele e Hamas”. Secondo il quotidiano statunitense, l’uccisione del leader delle Brigate al-Qassam “potrebbe rappresentare lo spettro di un nuovo conflitto bellico tra nemici giurati”. E in effetti “la convinzione generale nella striscia di Gaza – spiega il “Jerusalem Post” – è che Israele abbia fatto ricorso all’uccisione di Fuqaha non solo per eliminare un pericoloso capo terrorista, ma anche per inviare un doppio avvertimento. Innanzitutto agli altri terroristi ex detenuti nello Stato Ebraico, scarcerati ed espulsi a Gaza che sono tornati a praticare il terrorismo. In secondo luogo, alla nuova dirigenza di Hamas e in particolare al nuovo leader del gruppo fondamentalista palestinese, considerato un sostenitore della linea dura contro Tel Aviv”. Il messaggio è che nessuno, anche a Gaza, può sentirsi al sicuro se pratica il terrorismo contro Israele.
“Tuttavia – si legge ancora sul quotidiano locale – l’Autorità palestinese di Ramallah aveva più o meno le stesse ragioni di Israele per volere morto Fuqaha”. “Ma la stessa Hamas avrebbe potuto essere interessata all’uccisione del comandante”. Il gruppo fondamentalista, infatti, è noto per essere un movimento che non esita a eliminare coloro che non si adeguano agli ordini dei capi o che sembrano un pò troppo indipendenti e competitivi. Ma è anche possibile che Fuqaha sia stato sospettato di fare il doppio gioco con Israele, e che Sinwar abbia ordinato di ucciderlo in un modo che sembrasse opera dei servizi segreti di Tel Aviv. Già in passato, infatti, il nuovo leader di Hamas ha personalmente assassinato più di dieci palestinesi sommariamente accusati di collaborare con Israele nella lotta contro il terrorismo.
Hamas chiude valico per Erez dopo uccisione del suo leader
Intanto, il ministero dell’Interno dell’enclave palestinese ha deciso di riaprire parzialmente il valico di Erez, tra Gaza e Israele, chiuso in via straordinaria subito dopo l’omicidio dell’ufficiale di Hamas. Il valico è stato riaperto in entrata. Permangono, invece, delle restrizioni per l’uscita, consentita soltanto ai pazienti che necessitano di cure mediche, alle famiglie dei detenuti nelle carceri israeliane e ai ministri del governo palestinese. Resta ancora vietata, invece, l’uscita dalla Striscia per gli uomini di età compresa fra i 15 ed i 45 anni. Il comandante delle Brigate al-Qassam era stato esiliato a Gaza dopo lo scambio di prigionieri avvenuto tra Hamas e Israele nel 2011 per la liberazione del caporale Gilad Shalit.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che al momento non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito all’affaire Fuqaha, è intervenuto lunedì alla conferenza annuale dell’American Israel Public Affairs Committee (Aipac), che si è svolta a Washington. “Lo Stato ebraico è impegnato a lavorare con l’amministrazione del presidente Usa, Donald Trump, per far avanzare il processo di pace in Medio Oriente con i palestinesi e gli altri paesi vicini”, ha dichiarato Netanyahu in collegamento via satellite. Presente alla conferenza dell’Aipac anche il vicepresidente Usa, Mike Pence, che ha commentato lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e ha ribadito che “dopo decenni di semplici discussioni, il presidente Trump sta prendendo (la questione,ndr) in seria considerazione”.
Nella stessa giornata di lunedì, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, ha incontrato a Bruxelles i vertici delle principali istituzioni Ue. Le politiche di occupazione dei Territori palestinesi “non porteranno pace nella nostra regione – ha dichiarato Abbas – perché pace e stabilità possono essere raggiunte solo con le relazioni di buon vicinato. Questo è ciò che intendiamo fare – ha aggiunto il leader dell’Anp – e spero che Israele e la popolazione israeliana colgano questa opportunità per fare la pace”. Abbas ha avuto anche un bilaterale con l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. Quest’ultima ha ribadito al leader palestinese che “la pace tra Israele e Palestina resterà un’alta priorità nell’agenda politica” dell’Ue. “Rimaniamo impegnati – ha detto Mogherini – per una soluzione dei due Stati negoziata, che per noi resta l’unica strada praticabile per porre fine al conflitto”.
11 maggio incontro a Mosca
Il presidente dell’Anp è atteso l’11 maggio a Mosca. Obiettivo principale della visita sarà discutere il risultati del prossimo vertice arabo in Giordania. I palestinesi chiedono il riconoscimento di uno Stato indipendente sui territori della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza, oltre che il ritiro di Israele dai territori occupati.