“Difendiamo i voucher perché frutto del lavoro di Biagi. I sindacati rappresentano più i pensionati che i lavoratori”. Lo ha detto a Ofcs Report Davide Giacalone, presidente del comitato del no all’abrogazione dei voucher.
Lei è presidente del comitato “NoiNo”, nato immediatamente dopo la volontà espressa dalla Cgil di promuovere un referendum abrogativo. Perché un vasto schieramento, soprattutto attorno all’area liberale italiana vuole difendere questa riforma?
“Perché si tratta di una legge che risale al 2003 e porta il nome di Marco Biagi, cui costò la vita. Perché il primo allargamento, circa l’uso di quei prepagamenti per lavori saltuari, è stato fatto a cura di un ministro di sinistra, Cesare Damiano. Perché il secondo lo si deve al governo Monti, sostenuto da uno schieramento che andava da Forza Italia al Partito democratico. Mentre il terzo lo fece il governo Letta, con analoga e ampia maggioranza (entrambe alla nascita). C’è un limite al rinnegare sé stessi e c’è un limite allo scappare davanti a un referendum. Perché, infine, si tratta di una norma giusta, che ha funzionato, che pur avendo fatto emergere 800mila prestazioni dal mercato nero, irregolare e in evasione contributiva e fiscale, non raggiunge neanche l’1% del mercato del lavoro complessivo. La si difende, quindi, per coerenza e convinzione, ma anche per dignità”.
Quali sono, al di là della eventuale, anzi ormai poco probabile, battaglia referendaria, i punti critici di questa riforma e quali sono le proposte dei liberali italiani per rafforzare questo strumento?
“E’ la solita storia italiana: prima si rende tutto rigido e difficile, salvo poi spaventarsi quando la realtà coglie qualche margine di elasticità e lo utilizza. Il boom dei voucher dice, in maniera chiarissima, che il mercato del lavoro italiano è così anchilosato e rigido dal creare disoccupazione, o nero. Non piacciono i voucher? A parte che si tratta di una assurdità, giacché non si vede proprio per quale motivo non debba piacere uno strumento che rispetta il lavoratore alleggerendo gli adempimenti a carico di chi offre lavoro
(mica tutte le famiglie devono per forza dotarsi di commercialista e consulente del lavoro!), a parte ciò, se si vuole evitare che siano la sola valvola di sfogo se ne devono creare altre, ad esempio imboccando la via che la Germania federale imboccò all’inizio del secolo, con riforme volute e realizzate da un governo socialdemocratico. Invece si chiude la sola valvola, creando danni”.
L’Italia è, ormai da anni, alle prese con la lotta al lavoro nero e all’evasione fiscale, un fenomeno, questo ultimo, apparentemente ingestibile. Come e perché i voucher dovrebbero contribuire ad una inversione di tendenza di questi dati?
“Sento parlare di lotta al nero e all’evasione da quando sono nato, nel secolo scorso. Se quelle parole avessero avuto un pur lontano senso, oggi gli evasori dovrebbero essere protetti dal Wwf, come razza in via d’estinzione. Invece restano dove sono, per la semplice ragione che si è praticata una politica demente: supporre che siamo tutti evasori, quindi da punire in partenza. Così si punisce solo il mercato e i lavoratori.
Ci sono varie ragioni per cui abbiamo troppi disoccupati, una di queste è l’eccessivo carico burocratico, previdenziale e fiscale sulle spalle di chi offre e prende lavoro. Ripeto: i voucher hanno favorito l’emersione di lavoro nero, regolarizzandolo, a tutto vantaggio dell’una e dell’altra parte. Si può sostenere che non basta, ed è vero, ma non si può dedurne che quindi va cancellato lo strumento. E’ una follia, anche un po’ vile”.
I voucher, indubbiamente, hanno rappresentato una anomalia per un governo di centrosinistra e la mobilitazione della Cgil ne è la dimostrazione. Cosa salva, in un’ottica puramente liberale, dei provvedimenti di questa maggioranza?
“Sono un’anomalia non per la sinistra (ho appena ricordato le riforme che la sinistra ha fatto in Germania), ma per chi è ubriaco di pregiudizi e ideologie. I sindacati, Cgil in testa, oggi rappresentano più i pensionati che i lavoratori. Per giunta il sindacato pensionati della Cgil, quindi la sua componente più forte, ha usato e usa i voucher! Non rappresentano che lavora e non rappresentano chi cerca lavoro, ma s’impancano a unici interpreti di un mondo che li disconosce. La riforma che passa sotto il nome di jobs act, e che più correttamente andrebbe chiamata del contratto a tutele crescenti, andava nella direzione giusta. Lo abbiamo detto nel corso di tutta la sua discussione e poi approvazione. Era un primo passo, ma pur sempre nella giusta direzione. Su quella strada, oggi, si scaricano le macerie della cancellazione dei voucher e la si ostruisce, cancellando il valore di quel primo passo. La guerra civile interna alla sinistra cancella una delle cose buone fatte dalla sinistra. Temo si tenda a sottovalutare l’effetto di un simile disastro”.