Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli, all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro. Ristoranti inclusi. La prepotenza mafiosa rafforza il controllo su uno dei motori dell’economia italiana, l’agroalimentare, con un giro d’affari che nel 2016 è salito a 21,8 miliardi di euro con un aumento del 30 per cento rispetto al 2015. E’ quanto emerge dal Rapporto Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato nella giornata di ieri a Roma.
I più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo del Made in Italy. Nel febbraio scorso, i carabinieri del Ros hanno smascherato le attività criminali in Calabria della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli, che controllava la produzione e le esportazioni di arance, mandarini e limoni verso gli Stati Uniti, oltre a quelle di olio attraverso una rete di società e cooperative. Nello stesso mese, gli uomini dell’Arma hanno confiscato 4 società siciliane operanti nel settore dell’olivicoltura riconducibili a Matteo Messina Denaro e alla famiglia mafiosa di Campobello. Sempre agli inizi di febbraio, manette ai polsi anche per Walter Schiavone, secondogenito del capoclan dei Casalesi Francesco Schiavone, meglio noto come “Sandokan”. Secondo l’accusa avrebbe imposto la fornitura di mozzarella di bufala Dop prodotta da un caseificio di Casal di Principe a distributori casertani e campani, ma anche in altre parti d’Italia, come in Calabria.
“I personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano – precisa Coldiretti – distruggono la concorrenza e il libero mercato legale, soffocando l’imprenditoria onesta”. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per il settore ortofrutticolo possono addirittura triplicare. Da non sottovalutare anche i pesanti danni di immagine inferti al Made in Italy in Italia e all’estero, oltre ai non meno importanti rischi per la salute dei consumatori.
Nella top ten delle province italiane interessate dal fenomeno prima di tutto c’è il Mezzogiorno. Ma ci sono anche realtà del nord come Genova e Verona, rispettivamente al secondo e terzo posto dopo Reggio Calabria. Nella città veneta, l’intensità dell’agromafia risulta significativa soprattutto per il fenomeno dell’importazione dei suini dal nord Europa indebitamente marchiati come nazionali. Rilevante è anche l’adulterazione di bevande alcoliche e di superalcolici come nel caso della rinomata grappa di Verona. A Genova, invece, degno di nota è “il diffuso sistema di contraffazione e adulterazione della filiera olearia che interessa – spiega Coldiretti – le fasi di lavorazione industriale e approvvigionamento dall’estero di oli di minore qualità da spacciare come italiani”.
Nessuna Regione è esente. E non c’è pace neppure per la Capitale. Lo scorso maggio i carabinieri hanno sequestrato a quattro imprenditori beni per 80 milioni di euro: bar, ristoranti e pizzerie. Tutti locali della “Roma bene”, nel cuore della Città Eterna. Le persone raggiunte dal provvedimento di sequestro, secondo i magistrati di piazzale Clodio, erano coinvolte in traffici gestiti dalla Camorra. “Di fronte a questa escalation senza un adeguato sistema di regole penali e di strumenti in grado di rafforzare l’apparato investigativo, l’enorme sforzo messo a punto dalla macchina dei controlli apparirà sempre insufficiente”, ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “E’ necessario al più presto – ha continuato – portare all’esame del Parlamento i lavori della Commissione Caselli che mirano a riformare i reati agroalimentari oppure valutare l’ipotesi di una decretazione di urgenza per fermare la rete criminale che avvolge da Nord a Sud tutte le filiere agroalimentari”.
Il rapporto di Coldiretti segnala, quest’anno, anche “un’evoluzione delle mafie 3.0″. Le attività delle forze dell’ordine e della magistratura “raccontano degli intrecci delle mafie che fanno conseguire enormi guadagni”, ha dichiarato il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara. “Sono mafia silente – ha aggiunto – e operano con straordinaria capacità di mimetizzarsi, riuscendo a tessere quella rete di interessi che consente loro di espandersi”. “La nuova mafia – ha concluso Fara – non taglieggia autosaloni o supermercati, ma ne diventa socia. Le mafie si sono fatte imprenditrici”.