Voci che sussurrano quotidianamente nell’orecchio. Madri che accompagnano migliaia di ragazzini a vaccinarsi contro il virus più in voga. E ancora allucinazioni, deliri, distorsioni del pensiero e paranoie di ogni sorta. Benvenuti nel mondo delle psicosi. Da manuale, questa malattia, viene considerata come “un disturbo mentale grave, con o senza danno organico, caratterizzata da alienazione di personalità e perdita di contatto con la realtà che causa il deterioramento della normale attività sociale” . Un disturbo che può anche essere indotto dall’assunzione di sostanze legali e illegali.
I principali fattori che contribuiscono alla nascita di psicosi sono una predisposizione alla vulnerabilità mentale, all’ambiente sociale, a fattori economici, a modalità di somministrazione di farmaci.
I sintomi possono derivare da dosaggio normale e anormale (intossicazione) e dalla sindrome da astinenza. Essi possono essere di tipo “positivo” con delirio, allucinazioni, linguaggio e comportamento disorganizzato. Oppure “negativo” con alogia (assenza di parole) e abulia (assenza di volontà) e “cognitivo” con lesioni alla memoria e alla concentrazione. Il “Delirium tremens” è caratterizzato da vivide allucinazioni, frequenza cardiaca, tremori e insonnia.
Elementi che aiutano a formare una diagnosi accurata trovano nell’anamnesi del paziente fattori di rischio come l’età, l’abuso di sostanze, farmaci concomitanti e stati di malattia (come il Parkinson o l’Alzheimer) indizi importanti. Secondo studi clinici l’alterazione della concentrazione di dopamina è la principale causa di psicosi. La dopamina è un neurotrasmettitore la cui concentrazione può variare in base al tipo di sostanza assunta che sia essa illegale o da farmaco prescritto.
Le sostanze inquisite sono glioppiacei, cannabinoidi, y-idrossibutirrico, lsd, mescalina, psilocibina, nicotina, alcol, benzodiazepine, fenciclidina, ketamin ecocaina, anfetamine, ecstasy.
La cannabis e stimolanti, come le anfetamine, portano a uno stato di intossicazione acuta. Come quella causata dall’overdose di oppioidi, che provoca anche miosi (restringimento della pupilla), respirazione ridotta e perfino il coma. L’uso prolungato di benzodiazepine, oppiacei e alcol può comportare una intossicazione cronica.
La psicosi può essere causata anche da farmaci utilizzati a fini terapeutici. La più importante categoria è quella rappresentata dai farmaci antiparkinson come levodopa, bromocriptina, pergolide e lysuride. Ovvero quelle sostanze che aumentano le concentrazioni di dopamina. Ulteriori esempi sono una dose elevata di clorochina, utilizzata per trattare l’infezione malarica e il disulfiram utilizzato nella gestione di abuso di alcool.
I progressi di tale “reazione avversa” possono causare un’intossicazione acuta o cronica, delirium tremens, astinenza e overdose. Anche gli organi possono subire gravi danni. Sono soprattutto fegato, rene, sistema nervoso centrale e cuore a risentire delle “reazioni avverse”.
In questi casi, secondo gli esperti, occorrerebbe sospendere la sostanza “sospetta”. Se invece il farmaco è essenziale per il paziente, come nel caso del morbo di Parkinson, bisogna sia abbassare la dose del medicinale utilizzato che assumere sostanze antipsicotiche, perché necessarie per evitare che la malattia si aggravi.
Negli annuali della farmacovigilanza si riporta “Il Tramadol”, farmaco narcotico antidolorifico, entrato nel mercato degli Stati Uniti nel 1995. Il Tramadol fu da subito sottoposto a un programma speciale di sorveglianza per valutare fenomeni di “abuso” da farmaci, dipendenze e sintomi psicotici. Dopo 3 anni dalla sua introduzione gli abusi risultarono pari al 97% ma solo per quei pazienti che in passato avevano avuto a che fare con dipendenze e usi eccessivi di sostanze. Ad oggi, il Tramadol rappresenta uno dei medicinali più abusati, capace di ritagliarsi una fetta di mercato pari al 10 per cento di tutti gli antidolorifici in commercio: viene utilizzato da almeno 3 milioni di persone, dai 12 anni in su.
Questo caso ha suggerito l’istituzione di programmi post-marketing contro l’uso errato ed eccessivo di nuovi farmaci da parte della farmacovigilanza.