Mi ha molto colpito il fatto che il ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, abbia aperto il suo intervento al convegno “No bullyng; No doping” con un assunzione di responsabilità come personalità politica: in fondo, ha detto, il cyberbullismo altro non è che violenza verbale e nell’arena politica negli ultimi anni l’insulto e l’aggressività sono diventate la norma.
Io sono cresciuta in un tempo in cui la politica era uno scambio fermo e deciso di opinioni, con una televisione in cui il turpiloquio era bandito, dove trasmissioni come il Grande Fratello o L’Isola dei Famosi (ma anche le prime edizioni di Master Chef), che fanno a gara a tirare fuori il peggio delle persone, non sarebbero neanche mai state immaginate.
Ma è sempre facile guardare fuori, verso gli altri e pensare “loro”, invece siamo tutti responsabili.
Perché non è solo la politica, la televisione a essere diversa: io, come la maggior parte delle persone della mia generazione, sono cresciuta senza aver mai sentito pronunciare una parolaccia dai miei genitori. Ora non è più così.
Se la violenza verbale che leggiamo sui social ci indispone, perché è scritta, concentrata e senza freni, difficilmente la mettiamo in relazione con quella che esprimiamo singolarmente nel quotidiano.
Pensiamo a noi stessi alla guida nel traffico, pensiamo a noi stessi pedoni (non so nei piccoli centri, ma l’aggressività dei pedoni a Roma è straordinaria), o, come sottolineava Simone Perrotta, l’azzurro campione di calcio, durante il convegno, pensiamo anche a noi stessi come genitori, quando sfugge una sculacciata o più semplicemente quando urliamo.
Noi tutti in quanto adulti siamo responsabili, perché noi tutti adulti siamo d’esempio ai più giovani, a maggior ragione se siamo genitori.
I ragazzi devono poter guardare a modelli positivi. Dobbiamo esserlo noi nel nostro piccolo, a fianco di quei personaggi pubblici che scelgono di testimoniarlo, come gli atleti che partecipano al progetto dell’Osservatorio nazionale Bullismo e Doping, che ha organizzato il convegno, proponendo al male la cura: combattere il bullismo, promuovendo i valori dello sport, grazie alla testimonianza dei campioni provenienti da diverse discipline sportive.
Bisogna re-imparare il rispetto per gli altri.
E bisogna essere vicini ai nostri figli.
Al convegno è stato presentato il cortometraggio di Maria Grazia Cucinotta Il compleanno di Alice, che tratta con molta delicatezza il tema del bullismo e si concentra soprattutto sull’assenza dei genitori, troppo presi dai loro problemi per ascoltare veramente la propria figlia.
Se dare il buon esempio è fondamentale come genitori, altrettanto lo è porsi in un ascolto attento verso i propri figli.
Perché se è vero che c’è una legge sul bullismo che aspetta di essere approvata alla Camera, se il Ministero investe per formare gli insegnanti, se le Forze di Polizia vanno nelle scuole a parlare ai ragazzi, nessuno potrà mai essere più tempestivo di un genitore nell’accorgersi del disagio del proprio figlio.
@SimonaRivelli