Il tracollo imprevisto del candidato alle presidenziali Francois Fillon, travolto da presunti scandali a suon di rimborsi e contratti a carattere familiare, consegna alla Francia e all’Europa stessa un quadro quantomai allarmante per il futuro dell’Unione e dei rapporti di forza che si andranno a creare durante questo cruciale 2017.
Partito con gli sfavori del pronostico e con un avversario come Sarkozy, Francois Fillon aveva stupito tutti: da terzo incomodo a trionfatore delle primarie del centrodestra francese. Già apprezzato primo ministro dell’era Sarkozy, sembrava avere tutte le caratteristiche per essere il principale indiziato per vincere, quasi a mani basse, la corsa all’Eliseo: politico di spessore, esperto, molto meno antipatico dell’amico-rivale, in pochi mesi Fillon ha bruciato un consenso elettorale immenso, anche lui come Hollande, travolto dalle beghe familiari. Il tutto mentre a sinistra avveniva l’apocalisse. Dopo la rinuncia alla ricandidatura di Hollande, il presidente meno popolare della quinta repubblica, i socialisti, come già avvenuto in modo piuttosto infausto qualche anno addietro nel Labour inglese, hanno virato decisamente a sinistra. E se Miliband, almeno, era partito addirittura con i favori dei pronostici degli istituti di sondaggi, la marcia tutta a sinistra dell’outsider Hamon (già tallonato nella stessa area dal neo-comunista Jean-Luc Mélenchon) lo fa apparire già sconfitto in partenza se è vero che, sempre secondo le intenzioni di voto, difficilmente riuscirà a piazzarsi tra i primi tre.
Già prima del voto il fronte del cosiddetto “establishment” è a pezzi: le storiche famiglie neogolliste e socialiste, che governano da sempre la Francia moderna, sono per la prima volta fuori dalla possibilità di accedere al ballottaggio che, con ogni probabilità, vedrà Marine Le Pen sfidare Emmanuel Macron, già ministro dell’economia e dell’industria nel governo dello sconfitto, anche lui, Manuel Valls.
Insomma, caso unico nel percorso storico-politico francese, a prendere possesso dell’Eliseo sarà, comunque andrà, un corpo estraneo alla tradizione ferrea dell’alternanza tra Ump e Ps. Con quali conseguenze?
Non c’è dubbio: la scelta che si porrà davanti ai cittadini francesi è destinata a rappresentare un autentico bivio non solo per il loro futuro, ma per l’intera comunità europea. In caso di vittoria della Le Pen è facile prevedere che l’Europa, come la conosciamo oggi, cadrà sotto le macerie del più grande avvenimento elettorale degli ultimi decenni. Se Brexit ha significato una sorta di “rientro alla normalità” per quel Regno Unito mai veramente europeo, mai veramente comunitario, la vittoria della Le Pen avrebbe conseguenze senz’altro più dirompenti.
La Francia è da sempre il cuore dell’Europa. Dall’illuminismo all’immediato secondo dopoguerra i fatti storici principali d’Europa si sono sviluppati da qui, con conseguenze diverse. Fondatore della comunità, la Francia è qualcosa in più, inutile negarlo, di un semplice paese-membro. Senza la Francia non ci sarebbe l’Europa come la conosciamo oggi. Non è come Brexit: stavolta la catastrofe sarebbe molto più grave, specie se a governare questo processo di progressivo allontanamento da Bruxelles fosse un governo, il primo tra “i grandi”, dichiaratamente populista e euroscettico. Insomma un conto è avere a Downing Street Theresa May e, un conto, è la Le Pen all’Eliseo. A poco varrebbero le solite litanie del post-voto costituite da inviti alla riflessione e alla prudenza: se a vincere sarà Marine Le Pen, l’Europa sarà, già un minuto dopo, un ricordo lontano finito in frantumi. E lo spazio per i rimpianti sarà quantomai angusto.
L’evento possibile, financo probabile, di un vasto schieramento, dai comunisti ai liberisti, a sostegno di Macron non basterà certo a salvare capre e cavoli (per informazioni suonare Tsipras ad Atene e dintorni) e dal giorno dopo, l’Europa dovrà necessariamente interrogarsi sull’immediato futuro. Rimanere a vivacchiare o cambiare rotta? E se sì, con chi?