Nonostante i ripetuti blitz delle forze dell’ordine nel “boschetto della droga” di Rogoredo a Milano, il fenomeno permane in tutta la sua gravità.
Il bosco, situato a 300 metri dalla stazione di Rogoredo, è una terra di nessuno conquistata ciclicamente da spacciatori e disperati. Con il parco delle Rosee via Orwell, contigui al bosco, forma uno dei poli più pericolosi per la collettività locale.
Si tratta del maggior centro di spaccio di stupefacenti dell’hinterland milanese (forse di tutta l’area lombarda) per i suoi bassissimi prezzi e, seppure la qualità sia scadente, i clienti arrivano da tutte le province collegate alla stazione ferroviaria di Rogoredo. L’area è strategica: la contiguità con la ferrovia e il raccordo autostradale garantisce immediate via di fuga.
Lo spaccio di stupefacenti provoca poi la diffusione di altri fenomeni: aggressioni, scippi, furti negli appartamenti, danneggiamenti, degrado, siringhe abbandonate ovunque e presenza di disperati senzatetto. Il bosco è un vero proprio fortino favorito dalla sua conformazione. All’interno vivono persone con sacchi a pelo. Ci sono veri e propri check-point, che indicano la via per acquistare la droga o fanno scattare l’allerta in caso di sconosciuti, nella collinetta centrale sono posizionate vedette.
Organizzare un blitz è difficile. E tuttavia le forze dell’ordine hanno effettuato, negli ultimi sei mesi, decine di irruzioni imponenti, con numerosi arresti e sgomberi. Dopodiché è stato il turno degli addetti dell’Amsa (l’azienda che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani) e delle ruspe, in azione con l’obiettivo di distruggere definitivamente baracche e giacigli usati come rifugio.
Ma il “bosco della droga” c’è ancora e la situazione è lungi dall’essere risolta: spacciatori e tossicodipendenti continuano a spostarsi nella zona e tutto ricomincia daccapo, con la presenza di degrado, siringhe e disperazione. Gli spacciatori arrestati sono sostituiti da altri e la facilità di mimetizzarsi tra alberi e piante e di sfuggire ai controlli continua ad attirare ogni giorno centinaia di persone.
Eppure del bosco di Rogoredo si sa tutto da anni. E sono state numerose le riunioni in Prefettura fra vertici locali delle istituzioni, con l’impegno di restituire il bosco alla comunità. E’ vero che si tratta di un’ampia area, ma pur sempre delimitata e allora si possono fare alcune osservazioni.
La riqualificazione dell’area potrebbe essere rallentata dal fatto che sono diversi gli enti competenti sul boschetto (porzioni divise fra Comune, Ferrovie e Autostrade), che forse hanno diverse sensibilità sul problema. Viene sfatata l’equazione zona isolata uguale maggiore insicurezza. Negli ultimi anni è stata portata l’alta velocità, è avvenuto il restyling della stazione ferroviaria, la creazione del quartiere residenziale di Santa Giulia, la sede di Sky, ma il bosco di Rogoredo continua a essere impermeabile. Da alcune parti si è proposto di abbattere gli alberi e radere al suolo tutto il verde presente: ma ciò rappresenterebbe una sconfitta per lo Stato che sacrifica le aree verdi in cambio di legalità.
Non è purtroppo sufficiente mettere in sicurezza il bosco di Rogoredo tagliando cespugli, recintandolo con reti nuove e dotandolo di una rete di telecamere di sorveglianza, misure inefficaci verso tossicodipendenti e senzatetto. Per riconquistare l’area non bastano i blitz, comunque necessari. Forse il problema si sconfigge nel quotidiano. Seppur sia difficile immaginare la vigilanza fissa delle forze dell’ordine, un incremento quantitativo e qualitativo di pattuglie darebbe un segnale forte della presenza dello Stato. Si pensi, ad esempio, a pattuglie a cavallo o uffici mobili di polizia attraverso la realizzazione di una o più strade che facilitino l’attraversamento dell’area boschiva. Ciò potrà contribuire a prevenire lo spaccio di stupefacenti e salvare numerosi tossicodipendenti da un percorso irreversibile.
Infine, urge una soluzione definitiva visto che, con l’arrivo della primavera, la macchia vegetativa si intensificherà aggravando i problemi. I progetti di riqualificazione dell’area devono essere attuati coinvolgendo le varie istituzioni e presuppongono una exit strategy per evitare che il mercato della droga si sposti in altri quartieri, con un mesto trasferimento sulla cartina geografica dei problemi di sicurezza urbana.