Antonio Attianese è un ex ranger del 4°Reggimento Alpini Paracadutisti, inquadrato nel plotone di ricognizione. Ora in pensione, ma non per raggiunto limite di servizio. Anche lui è una vittima del dovere. Così vengono chiamati i militari che si ammalano (e purtroppo in molti muoiono) per essere venuti a contatto con l’uranio impoverito durante le “missioni di pace”.
La storia di Antonio, 38 anni, originario di S.Egidio del Monte Albino, in provincia di Salerno e ora padre di due figli di 5 e 6 anni, comincia nel 2002, quando partecipa a due missioni in Afghanistan. La prima, durò da maggio a settembre, la seconda denominata Enduring Freedom, da febbraio a maggio.
Al suo ritorno, a gennaio 2004, Antonio comincia a sentire i primi sintomi della malattia: si accorge che l’urina è mista a sangue. Cosa che non gli era mai accaduto prima. Nonostante questo decide di non dar troppa importanza all’accaduto, ritenendolo e sperando in un caso.
In quello stesso periodo era imminente il campionato sciistico Truppe Alpine, e Antonio voleva partecipare come sempre, ma questa volta non fu dichiarato idoneo proprio a causa del problema del sangue nell’urine. Gli consigliarono di fare una visita specialistica più approfondita la cui diagnosi non lasciava più spazio ai dubbi: neoplasia vescicale (tumore vescicale). Da quel momento inizia il calvario di Antonio, che ad oggi ha subito 35 operazioni. Dalla prima avvenuta nel 2004 le condizioni del militare si sono sempre più aggravate, tanto da dovergli asportare del tutto la vescica, costringendolo per una vita dignitosa a far uso di una sacca per contenere le urine.
Non solo, ad oggi come documenti riportati in questo articolo, Antonio non è ancora fuori pericolo e infatti è sotto chemioterapia sperimentale, visto che quella usata di consueto non ha sortito gli effetti sperati. L’ultima speranza per Attianese, che nonostante tutto e con coraggio va avanti in questa battaglia.
Come spesso accade in questi casi, Antonio si è ritrovato ad affrontare da solo tutte le spese sanitarie. Questo nonostante ci fosse la circolare 65/84, (normativa attua ad assistere e supervisionare i militari con gravi patologie), che poteva tutelarlo durante tutto il suo percorso medico sanitario. Antonio viene a conoscenza di questo grazie ad un collega, che aveva preso informazioni grazie all’Osservatorio Militare che da sempre segue e tutela i militari di ogni appartenenza e categoria. Dal momento, infatti, che l’ospedale civile in cui si era recato Attianese ha conferma la diagnosi di tumore maligno, trasmettendo al reparto militare, il soldato doveva essere avvisato, monitorato e tutelato.
A quel punto Antonio, allertato dal collega, dall’Osservatorio Militare comincia a chiedere e a far domande sulla sua situazione. Non solo, nello stesso periodo Striscia la Notizia, il programma televisivo che per primo si è occupato dei militari vittima di uranio impoverito, attraverso i servizi di Jimmi Ghione parlava dei militari malati al ritorno delle missioni di pace. “Tutto questo, mi fece pensare e riflettere che anche io, forse ero una di quelle vittime. Così visto che dal reparto non mi davano notizie mi sono rivolto all’ufficio amministrativo del mio reparto per esercitare i miei diritti e per avere quello che mi spettava. A quel punto l’amministrazione mi chiese le ricevute delle visite, ma io non le avevo visto che non ero stato avvisato di questa legge. Ho quindi presentato le undici cartelle cliniche che attestavano la mia patologia e tutti gli interventi eseguiti. Ma non c’è stato nulla da fare”, racconta Antonio. A quel punto, il militare viene chiamato a rapporto da tre suoi superiori che anziché venire incontro alle sue esigenze, cominciano a minacciarlo: “ Mi dissero che se non avessi rinunciato alle mie richieste, (cosa che avrebbe portato discredito al mio reparto d’appartenenza), da quel momento avrei avuto terra bruciata intorno a me”.
Ma i superiori del militare non avevano fatto i conti con lui che, allertato dalla situazione, aveva registrato tutta la conversazione. Conversazione resa nota oggi, grazie al servizio di Ghione su Striscia la Notizia. Antonio, infatti ha deciso di parlare e denunciare il tutto sia attraverso loro che attraverso Ofcs.report. Dopo quell’incontro i superiori del comando cercano di rabbonirlo, rassicurandolo che avrebbero fatto di tutto per fargli recuperare le spese sanitarie sostenute fino a quel momento. Antonio, dopo molte battaglie legali con le istituzioni militari, riesce ad ottenere la causa di servizio. Questo grazie non solo ad un suo collega, Carlo Chiariglione, che lo ha assistito durante tutto il suo percorso, ma anche grazie a Domenico Leggiero, responsabile del Comparto Difesa, dell’Osservatorio Militare e del lavoro della IV Commissione d’inchiesta, per l’utilizzo dell’uranio impoverito, il cui presidente è attualmente Gian Piero Scanu, insieme al deputato M5S, Gianluca Rizzo e gli altri componenti.
La causa di servizio fu presa in considerazione anche grazie alla relazione medico scientifica portata al Tribunale Militare di Roma, eseguita dalla dottoressa A.M. Gatti, esperta di nano particelle, che a spese dello stesso militare aveva analizzato il primo carcinoma (ne seguirono altri) di Attianese. Dai test di laboratorio emerse che il motivo per cui i tumori erano recidivi era dovuto alle nano particelle inalate di tugsteno, il metallo pesante, presente nel munizionamento utilizzato dai militari durante le missioni italiani in Afghanistan nel 2002 e 2003 .
“Le documentazioni portate da me, che confermavano i legami fra il tumore e le attività militari svolte nelle missioni, erano indiscutibili, ma nonostante questo mi sono ritrovato non solo a dover combattere contro la malattia, ma anche contro quelle stesse istituzioni che mi dovevano avvisare e tutelare”, afferma amareggiato, Antonio.
Come tutti gli altri militari morti o ammalati non era stato avvisato assolutamente del pericolo che correvano. Non come i loro colleghi americani, che non solo erano dotati delle giuste tute precauzionali, ma anche dei rischi che correvano. Durante le missioni nei poligoni o nelle zone limitrofe, infatti, venivano fatti brillare enormi quantità di ordigni inesplosi e le polveri che si andavano a creare invadevano l’ambiente circostante, facendo sì che venissero inevitabilmente inalate dai soldati, e ovviamente dallo stesso Attianese.