“Uccidere i lupi non è una soluzione. Ha delle conseguenze. Gli allevatori e gli equilibri della natura possono convivere”. Fulvio Mamone Capria, presidente della Lega italiana protezione uccelli, dagli anni ’80 è impegnato soprattutto nella lotta al bracconaggio e nel contrasto alle illegalità ambientali.
Dottor Mamone Capria, qual è la posizione dell’associazione in merito all’emendamento del decreto Milleproroghe che riguarda la riapertura della caccia ai lupi?
“Abbiamo chiesto al ministero dell’Ambiente di stralciare la parte del piano che riguarda gli abbattimenti e la possibilità di uccidere i lupi per motivi scientifici. Appoggeremo il provvedimento se verrà eliminata questa parte indegna. Il piano va bene nella sua complessità, ad eccezione di questa norma. Lo diciamo noi e lo dicono tante altre associazioni ambientaliste. Non solo. Undici regioni italiane hanno chiesto per ora di spostare il voto per modificare il testo.”
Esiste nel testo di legge una spiegazione pratica di come si realizzerebbero questi abbattimenti?
“La garanzia che viene data sugli abbattimenti è relativa alle autorizzazioni dell’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, che ne fa una valutazione scientifica rispetto alle specie presenti sul territorio. Ma ciò che è negativo è il messaggio culturale rispetto a un animale che a fatica abbiamo salvato dall’estinzione. Abbiamo speso milioni di euro in progetti nazionali e internazionali. E non abbiamo portato i lupi in Italia, come ha affermato qualcuno, i lupi erano già lì, presenti sul territorio. Abbiamo solo evitato la loro estinzione in zone come l’Abruzzo, la Sila e il Nord Italia. Qui sono diventati anche un’attrazione per i visitatori dei parchi naturali. E queste zone vivono di turismo naturalistico. Possiamo dire che il Pil delle aree protette nazionali non è sottoposto ad alcuna crisi. Animali come l’orso marsicano, il lupo, l’aquila reale, sono stati salvati e ora popolano quelle zone. È un risultato straordinario ed è di questo che il Ministero dell’Ambiente dovrebbe occuparsi. Invece per pochi milioni di euro di danni causati ad agricoltori si sceglie un’altra strada. L’abbattimento non è percorribile, bisogna risarcire e dotare di protezione allevamenti e terreni agricoli. Perché diversamente quello che ora sta accadendo con il lupo accadrà con altre specie animali. E questo in Italia, il Paese con più specie selvatiche in Europa, non si può permettere.”
Perché a suo parere si è arrivati a proporre un testo che prevede la possibilità di abbattere un animale che è stato protetto per 46 anni?
“Il Ministero è particolarmente sensibile alle proteste della Coldiretti e di altre associazioni. Ma questa è una risposta forzata che non porterà alcun beneficio agli agricoltori. Se il piano dovesse passare nell’ultima formula si parlerebbe di massimo un centinaio di esemplari abbattuti. Una cifra irrisoria se consideriamo che ogni anno tra 200 e 400 lupi vengono uccisi dai bracconieri, in incidenti stradali o perfino avvelenati. Ma per la Coldiretti restano uno spauracchio e questa soluzione proposta è stupida. La risposta che ha dato il Ministero è una risposta emotiva a fronte di segnalazioni di danni ad imprenditori agricoli. Ma questi lavoratori sono vittime di attacchi di cani inselvatichiti, non di lupi. Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di lottare contro il randagismo. I danni causati dai lupi al contrario sono abbastanza limitati. In ogni caso basterebbe dotarsi di strumenti di protezione, come recenti elettrificati che hanno una funzione deterrente o pastori maremmani allenati a respingere i grandi mammiferi. Gli allevatori di ovini e caprini che hanno subito degli attacchi durante il 2016, avevano preso queste accortezze.Non è corretto gestire il patrimonio zootecnico senza tenere conto dei lupi. I lupi sono presenti e non è consigliabile lasciare il bestiame allo stato brado. Ad ogni modo i danni causati dai lupi sono infinitamente limitati rispetto all’offesa che questo emendamento fa alla specie protetta. Sono decenni che portiamo avanti azioni di conservazione e questa via dell’abbattimento è solo un tentativo mascherato di risolvere il problema. Poi, ripeto, nel 90% dei casi, gli attacchi non sono fatti dai lupi ma da cani randagi. Si sta affrontando un problema dimenticando i veri problemi degli agricoltori, ovvero il randagismo, gli animali che girano liberamente.
Per quale motivo secondo lei tutti gli allevatori e agricoltori non prendono provvedimenti di sicurezza?
“Probabilmente ci sono problematiche economiche. Ma anche sistemi di allevamento che prevedono lo stato brado. Se la Regione Toscana, che è la più convinta di voler approvare questa legge, vuole dare un’agevolazione anche finanziaria e risarcimenti in tempi stretti, lo faccia. Questo è un provvedimento a cui si poteva arrivare solo se imprenditori e allevatori avessero fatto di tutto per evitare questi attacchi. Ma l’hanno fatto? Certo un imprenditore deve essere libero di gestire la sua azienda, ma non può lamentarsi se sistematicamente lascia le chiavi nella toppa della macchina e poi un giorno gliela rubano. Ci sono assicurazioni, come l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, che creano polizze multirischio per gli agricoltori (per i danni meteorologici ad esempio). Potrebbero inserire assicurazioni per l’attacco degli animali selvatici. In ogni caso bisogna entrare nell’ottica che è necessario proteggersi. Ho conosciuto esempi di allevatori, durante il mio lavoro al Parco Nazionale dell’Abruzzo, che si permettevano di lasciare cavalli e vacche al pascolo nelle montagne per tutto l’anno. Che sia un fulmine, un orso che uccide, un cavallo o dei lupi che sbranano le vacche, qualcosa accadrà.”
Cosa pensa invece dei presunti casi di attacchi di lupi all’essere umano?
“Lupo, orso, aquila reale, lince. Questi animali che nel nostro immaginario sono paurosi, come gli stessi cinghiali, non attaccano l’uomo. Il lupo scappa se sente l’odore dell’uomo, anche ad alcuni chilometri di distanza. L’uomo è un pericolo per questa specie.”
Ma esiste realmente una crescita pericolosa del numero di esemplari?
“I lupi non sono in sovrannumero, anzi. Controllano gli ungulati (capriolo, cervo, cinghiale, daino) che in alcune aree sono davvero troppi e diventerebbero un problema. Andiamo a sparare al lupo e al tempo stesso ci lamentiamo che ci sono troppi cinghiali. La questione è che si tratta di norme che cercano di facilitare la lobby venatoria e qualche imprenditore che ha avuto dei danni di poco conto, che gli vengono comunque ripagati.”
Secondo il Wwf l’uccisione dei lupi può portare dei problemi anche per gli allevatori.
“L’uccisione non è una soluzione. Andare ad abbattere venti o trenta lupi in provincia di Grosseto può durare qualche mese. E ha delle conseguenze. Se uccidi lupi o cinghiali, che vivono in gruppo, viene destrutturato il branco e si crea un’agitazione. I cinghiali femmine, ad esempio, possono essere indotti ad entrare in calore più facilmente e quindi ad avere più figli, aumentando così la popolazione. L’uso del fucile è una risposta medievale, arcaica, per prendere in giro l’allevatore. Arriva il Ministero dell’ambiente con ISPRA, uccide qualche esemplare e problema risolto.”
Qual è invece il vostro ruolo nel cercare soluzioni a questa situazione?
“Dei lupi se n’è occupato prevalentemente il Wwf. Ma tutte noi associazioni, mettiamo in piedi progetti per favorire l’alimentazione di questi animali. L’avvoltoio, ad esempio, stava scomparendo. Il grifone, il capovaccaio, il gipeto. Varie specie sono fondamentali anche per gli agricoltori, perché mangiano le carcasse e costituiscono la fine della catena alimentare. Oggi fortunatamente sono in incremento. Così, ad esempio, se una pecora muore lungo un percorso di transumanza, interviene un grifone, lo spazzino delle campagne. Anziché bruciare la carcassa in uno stabilimento pubblico, viene portato nei carnai o diventa cibo per gli avvoltoi. Questa è la dimostrazione che le necessità degli allevatori e gli equilibri della natura possono convivere.
Il Wwf stima in 150 esemplari il numero dei lupi alpini, mentre sono in media 1500 i lupi che popolano l’Appennino. Ma si hanno ad oggi delle conoscenze precise riguardo al numero dei lupi sul territorio italiano?
“In Italia esiste una sola specie di lupo, il lupo europeo. I numeri oscillano, tra 1500 e 4000 esemplari. È difficile fare un monitoraggio certo. L’Ispra ha fatto un lavoro in merito, e anche nei Parchi Nazionali c’è una conoscenza maggiore. Ci rendiamo conto che parlare dell’abbattimento di 50 o 100 esemplari è qualcosa di ridicolo? È invece molto pericoloso sparare al lupo per il messaggio che si lancia alle persone, ai ragazzi: come se il lupo fosse tornato a essere l’animale cattivo che, in realtà, non è mai stato. E decine di migliaia di esemplari fossero pronti ad attaccare. Ma tutto questo non è vero. Il lupo ha paura dell’uomo!! Se vede l’uomo scappa e continuerà a scappare.”