E’ evidente che ci sia qualcosa che non funziona nella distribuzione della ricchezza delle società occidentali post capitalistiche. Oggi, a fronte di ricchezze enormi ed in crescita legate alle valorizzazioni di borsa in perenne ascesa, vediamo la “gente che lavora”, come ben descritto negli scorsi giorni da Gramellini sul Corriere della Sera, che guadagna meno di 3 euro per consegnare cibi a domicilio lavorando di fatto a cottimo per multinazionali del settore. Ossia, a fronte di grandi ricchezze ci sono grandi miserie di intere classi sociali che, fino a qualche anno fa, riuscivano invece a sbarcare il lunario decentemente.
Nulla di nuovo, è risaputo che i difetti congeniti del capitalismo risiedono nell’incapacità di controllare sia la disoccupazione che, appunto, la concentrazione della ricchezza.
Oggi siamo però ad un livello ulteriore: le differenze tra elites ricchissime e classe media in estinzione sono diventate enormi, superando la contrapposizione tra destra e sinistra. Da cosa deriva questa asimmetria? E qui arriviamo al titolo: è stato infatti messo in piedi un sistema socio-economico-finanziario che alimenta tali asimmetrie che a termine sono inevitabilmente destinate – presupponendo l’esistenza di sistemi democratici- ad emergere con tumulti di piazza passando per l’elezione di governi populisti, in realtà molto spesso sono solo la conseguenza democratica di uno status quo diventato insostenibile.
E qui arriviamo alle banche centrali: giunti a tassi a zero per sostenere l’economia, che in realtà non si riprende nei paesi sviluppati a causa di un eccesso di debito – e quindi impossibilità ad incrementarlo da parte dei consumatori – unitamente ad una assenza di veri bisogni da soddisfare , ecco che il mulo dell’economia reale anche a tassi bassissimi non vuole più bere, ossia non vuole più indebitarsi per consumare. Dunque, le economie ristagnano arrivando al limite schumpeteriano della distruzione creatrice, una costante che ricorre nella storia dell’uomo.
Ma questa volta i governi dell’ultimo fallimento hanno escogitato uno strumento mai utilizzato prima: eliminare il vero motivo che possa obbligare a cambiare lo status quo. Si, perchè in precedenza le recessioni si erano estrinsecate anche e soprattutto con un crollo di borsa che aveva reso tutti più poveri, una resa simmetria con i lavoratori che in periodi recessivi a loro volta si erano impoveriti per il poco lavoro malpagato.
Questa volta è davvero diverso: infatti i governi del III millennio hanno escogitato i tassi negativi, che non hanno sortito alcun effetto per stimolare le economie avanzate, solo per accorgersi che tale strumento in effetti permetteva come effetto collaterale di far accumulare ricchezze enormi a chi deteneva aziende sistemiche e globali. Da tale momento, più o meno nel 2010, il gioco è cambiato: da un salvataggio delle banche post crisi subprime si è passati a rendere sempre più ricche le elites finanziarie per il tramite di tassi bassi che servivano di fatto a supportare le borse.
Successivamente, e siamo ai nostri giorni, siamo arrivati all’iperbole: per abbassare i tassi bisogna acquistare obbligazione a mercati aperti, a termine. Il problema è che i bonds stanno scarseggiando, va a mesi che i bund tedeschi non saranno più sufficienti per l’acquisto via QE della Banca Centrale Europea, e quindi bisogna acquistare qualcos’altro.
Parallelamente l’ossessione politica per far ripartire le economie – essendo i governanti oltre che le elites benedette dai tassi bassi ben consci che in assenza di crescita prima o poi salta tutto – è ormai giunta al punto di rottura in cui la storia umana regolarmente ci conduce: cercare di approfittarsi degli altri paesi per crescere alle loro spalle (ossia guerra delle valute a chi deprezza di più). Esempio tipico la Germania che con euro ed austerità euroimposta di fatto permette alle proprie aziende di esportare grazie ad una valuta comune molto più svalutata di quello che sarebbe il marco tedesco (viceversa per i paesi deboli come l’Italia, che soffrono per via di una valuta più forte di quello che sarebbero state le valute periferiche, ad esempio la lira).
Ma il gioco non finisce qui, anzi inizia. Visto che bisogna a tutti i costi far ripartire le economie, visto che gli strumenti dei tassi bassi non danno più risultati, visto che bisogna evitare che si materializzi l’evento critico che sempre costringe ad un cambio dello status quo – un crollo di borsa globale -, visto che la guerra delle valute serve per crescere alle spalle degli altri, ecco la soluzione: le banche centrarli comprano azioni in borsa.
Prima di tutto ricordiamo che la Banca Centrale Europea non è preclusa dal comprare azioni, questo va ricordato. Poi che la Banca del Giappone è ormai il primo azionista delle principali aziende (circa tra 60 e 70 imprese) quotate sulla borsa nipponica, leggasi acquisti dichiarati di azioni giapponesi (è il primo passo per la nazionalizzazione delle imprese quotate). O la Banca Nazionale Svizzera (BNS) che detiene l’equivalente di circa il 20% del Pil svizzero in azioni Usa. A seguire la Banca d’Italia che ha in portafoglio oltre un miliardo di euro di azioni Usa. E chissà quante altre banche centrali fanno lo stesso, bisognerebbe andare a verificare ad es. cosa si nasconde dietro i termini “swap su altri indici” o qualcosa del genere.
Oggi detta pratica dell’acquisto di azioni da parte delle banche centrali, guarda caso “lamentata” dal “populista” Donald J. Trump – che si è guadagnato tale appellativo per semplice il fatto di cercare di fare gli interessi della classe media in estinzione – ha il suo campione nella BNS che per tenere bassa la propria valuta vende sistematicamente franchi contro dollari e non volendo/potendo comprare obbligazioni con tassi negativi semplicemente compra azioni Usa. Così il franco scende e sale il dollaro assieme alle azioni Usa, alla fine chi a Washington potrà mai lamentarsi? Una moderna forma – assolutamente legale – di riciclaggio di denaro proveniente dalla guerra delle valute.
E magari la stessa cosa viene già fatta dalla BCE ma non lo sappiamo, bisognerebbe andare a scandagliare i conti di tutte le banche centrali facenti parte dell’eurosistema (la Banca d’Italia per esempio è stata colta con le dita nella marmellata).
Il vero problema è che il giochetto non può durare all’infinito anche se durerà ancora per un pezzo. E sapete quando si romperà? Non con un crollo di borsa, praticamente impossibile grazie alle banche centrali. Piuttosto, con l’elezione di un governo populista non solo negli Usa, ma anche in altri Paesi sistemici, ossia di governi interessati ad aiutare la maggioranza della popolazione e non a perpetrare lo status quo.
Ecco perchè il Brexit ha fatto paura. Ed ecco perchè l’elezione della Le Pen è addirittura terrificante per le elites al potere. Per queste ragioni sono convinto che è solo questione di tempo prima che i benedetti dai tassi bassi cercheranno di eliminare i governi “populisti”. Tradotto, anche Trump che combatte per non farsi infinocchiare con un dollaro troppo alto che ucciderebbe l’economia Usa.