Sta riscuotendo successo il nuovo decreto legge riguardante le disposizioni urgenti a tutela della sicurezza delle città.
In realtà, non si tratta (almeno in parte) di una novità nel panorama legislativo: la stagione 2008/2010 è stata caratterizzata da un’ampia produzione normativa. La sicurezza urbana non veniva considerata solo una questione d’ordine, ma come una prestazione pubblica alla quale corrisponde il diritto del cittadino al godimento della città. La sicurezza urbana era definita “bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità dei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”. In sostanza, la sicurezza urbana era legata alla qualità della vita. Sul fronte della tutela del decoro urbano veniva fissata una soglia minima delle sanzioni amministrative (€ 500) per chi sporca le pubbliche vie.
Se portiamo le lancette del tempo indietro di nove anni, si ricorderà poi che il sindaco è stato autorizzato ad adottare ordinanze anche “contingibili e urgenti” per contribuire a prevenire e contrastare la minaccia alla sicurezza urbana. Solo che i provvedimenti del tempo erano fortemente strumentalizzati per l’introduzione delle cosiddette ronde e il riconoscimento di maggiori poteri alle guardie particolari giurate, rubando la scena ad altre scelte innovative.
Anche la sottoscrizione di accordi tra Stato e Regioni non è una novità visto che nel lontano biennio 1998/1999 era iniziata la fase della negoziazione tra Prefetture e Comuni, mediante protocolli d’intesa per la sicurezza urbana. Nei primi anni 2000 venne introdotto il concetto di polizia di prossimità. Il triennio 2006/2009 fu definito come fase dell’emergenza, con la stipula dei patti per la sicurezza tra Ministero dell’Interno e grandi città dal variegato contenuto: attività delle forze di polizia, interventi di contrasto all’illegalità diffusa e di riqualificazione dell’ambiente urbano e politiche di intervento sociale.
Allora l’attuale decreto va considerato una copia attualizzata a distanza di tempo? In realtà, l’attenzione rivolta alla sicurezza urbana ha un andamento ciclico: a episodi di cronaca a impatto mediatico seguono interventi urgenti del legislatore, quindi il ripristino di una normale situazione di sicurezza urbana, la ricomparsa del problema a distanza di tempo e nuovi provvedimenti di legge.
Occorre quindi fornire un giudizio equilibrato: come sarebbe esagerata un’eccessiva esaltazione del decreto, è pur vero che sono presenti interessanti elementi di novità.
Intanto niente sindaci sceriffi: la competenza sulle questioni di ordine pubblico rimane alle forze di polizia. Tuttavia, si valorizzerà il contributo dei primi cittadini, conoscitori delle peculiari esigenze del territorio, anche attraverso le ordinanze “contingibili e urgenti”.
Un aspetto innovativo sta nella possibilità per il Questore di disporre il divieto di accesso ai luoghi dove sono state reiteratamente poste condotte illecite e, per contrastare lo spaccio di stupefacenti, il divieto di stazionamento nelle vicinanze di locali pubblici.
Sul fronte del decoro urbano, il giudice dispone l’obbligo di ripulire e riparare o di rimborsare le spese per chi imbratta o deturpa. Qualche dubbio rimane sull’efficacia del Comitato metropolitano (organismo co-presieduto da Prefetto e Sindaco rivolto all’analisi delle questioni di sicurezza urbana). Esiste già un Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto, cui partecipano i vertici locali delle forze dell’ordine, il Sindaco e altri soggetti istituzionali, invitati in ragione della tematica affrontata. Il rischio è di creare troppi “tavoli”, che rallentano le decisioni e potrebbero accendere conflitti di competenze tra i vari organismi.
Infine, il provvedimento prevede misure per prevenire l’occupazione arbitrarie di immobili. Sarà interessante verificare come i Prefetti impartiranno prescrizioni per prevenire il pericolo di turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica e per assicurare il concorso della forza pubblica all’esecuzione di provvedimenti dei giudici. Ma una discrezionalità così ampia riconosciuta al Prefetto scopre il fianco a possibili differenziazioni degli interventi in tema di sicurezza locale e disparità di tutele a seconda dei vari territori, con prescrizioni più rigide in alcune realtà e meno incisive in altre, dove risulta più difficile il concorso della forza pubblica, impegnata in altre priorità come antiterrorismo o immigrazione.