Se Parigi è il cuore della Francia, Place de la République è il cuore di Parigi. République ne riflette gli umori, gli stridenti contrasti che lacerano la società, ma anche i momenti in cui le differenze vanno messe da parte, in cui il cuore della città deve battere più forte che mai, come dopo gli attentati del novembre 2015. Ma questo non è il caso: Parigi e la Francia sono più divise che mai.
Sono le 4 del pomeriggio circa. La manifestazione “Justice pour Théo”, che si svolge a Place de la République a sostegno del ragazzo 22enne vittima di un presunto stupro (c’è un’indagine in corso) da parte di quattro agenti di polizia durante una retata ad Aulnay-sous-Bois, nella banlieue parigina, è durata circa un’ora ed è stata svolta in contemporanea in diverse città francesi. Parole dure vengono urlate nei microfoni e diffuse dagli altoparlanti: “Non devono vincere. Non esistono la Repubblica e la polizia. Se la polizia è violenta, è perché lo Stato glielo permette. La polizia è il braccio armato dello Stato, che ha una gestione neocolonialista della banlieue. Non siamo casseur (come vengono chiamati i manifestanti violenti francesi, ndr), manifestiamo per avere giustizia. Siamo tutti Theò!” urla nel microfono un rappresentante della Brigade Antinegrophobe (gruppo contro la discriminazione nei confronti la gente di pelle nera). Si avvicendano sul palco diverse voci di presunte vittime di abusi della polizia: “Lo stato non ci protegge, dobbiamo proteggerci dallo stato. Aiutateci!”. Nonostante tutto, la manifestazione vuole rimanere pacifica: “Serve la pace, non la violenza” urlano più volte negli altoparlanti, da dove infine pregano la gente di disperdersi e abbandonare la piazza pacificamente.
Ma è tutto inutile. Come se questo fosse il segnale convenuto, quasi immediatamente un gruppo composto da un centinaio di giovani coperti in viso da sciarpe, cappucci e caschi, si stacca dalla folla e si raduna dietro uno striscione bianco su cui, con della tinta rosso vivo, è stato scritto: “Siamo ingovernabili di fronte all’impunità della polizia”. Dal gruppo si levano urla violente, ma quanto mai significative della situazione che sta vivendo la Francia in questi giorni: “Non dimentichiamo e non perdoniamo” gridano mentre iniziano a girare per la piazza, confrontandosi a distanza di pochi centimetri con gli scudi dei gendarmi schierati in assetto antisommossa ai sei ingressi, con lo scopo di testare la resistenza dei blocchi e valutare la possibilità di una fuoriuscita per le strade della capitale francese. Non si passa: è allora che si scatena l’inferno. Il la viene dato da un gendarme, che utilizza dello spray urticante per provare ad allontanare l’ormai vicinissima massa di manifestanti, a cui la folla risponde con un fittissimo lancio di oggetti. Pietre divelte dai marciapiedi, assi smontate dalle panchine della piazza, bidoni dell’immondizia e petardi: inizia a piovere di tutto, e Republique si trasforma per due ore in un campo di battaglia da dove la folla più pacifica non può in un primo momento nemmeno allontanarsi: mancano le vie di fuga, la gendarmeria ha completamente isolato la piazza. Ci si ritrova a muoversi sotto una gragnola di oggetti, tra le bombe assordanti e i lacrimogeni lanciati dalla polizia per tentare di allontanare i violenti, che si muovono come a onde, provando a sfondare a più riprese i cordoni delle forze dell’ordine. Nel mezzo della guerriglia urbana, tra intense nuvole di gas lacrimogeno CS, un uomo con una chitarra si avvicina al muro di scudi dei gendarmi, cantando a squarciagola “Abbasso lo stato d’emergenza”, distendendo per un attimo gli animi e fermando per qualche secondo l’incessante pioggia di oggetti. Ma il bilancio è impietoso: 2 agenti feriti e 13 manifestanti fermati.
La tensione rimane altissima in città, a distanza di poco più di una settimana dai feroci scontri avvenuti per motivi analoghi a Bobigny, nella banlieue parigina, tra i manifestanti e la polizia. Ma è proprio nella banlieue che il livello di violenza sociale rimane, se possibile, ancora più alto: da due settimana continuano atti di violenza sporadica e scontri spontanei con le forze dell’ordine, con manifestazioni e assembramenti non autorizzati, creati attraverso il passaparola e i gruppi Facebook. Proteste che uniscono, in qualche modo, la banlieue e gli strati più emarginati della società, formando un muro insensibile a qualsiasi tentativo di compromesso e dialogo. “La situazione è molto fluida, non sai mai cosa aspettarti in qualsiasi momento del giorno e della notte” spiega Matthieu, studente di medicina che vive ad Aubervilliers, nei pressi di Bobigny. “E questo è molto preoccupante, soprattutto considerando la campagna elettorale in corso: l’ultima cosa di cui c’è bisogno è uno scontro tra lo stato e i cittadini che poi dovranno comunque andare a votare tra un paio di mesi”. Nella serata di sabato scorso si sono registrati atti di violenza contro auto parcheggiate, bidoni dell’immondizia incendiati e vetrine sfondate a Ménilmontant, distante circa 15 minuti a piedi da Place de la République.
Le manifestazioni, anche molto violente, non sono una novità per Parigi, ma tutto ciò arriva in un momento quanto mai delicato per la Francia intera. Il paese è in piena campagna elettorale, ma viene lacerato da una spaccatura che si allarga sempre più tra lo stato e chi da esso non si sente protetto e rappresentato. Sintomi preoccupanti per una società, quella francese, che non ha mai sepolto troppo in profondità le disuguaglianze e le diversità dovute alla propria composizione sociale estremamente variegata, ereditata in parte dal proprio passato coloniale. République, il cuore di Parigi, ha avuto un sussulto. E con lei la Francia intera. È un segnale, da non sottovalutare.