Che la Corea del Nord vivesse, ormai da sessant’anni, in una sorta di realtà orwelliana è cosa nota. Ma che anche le esecuzioni ordite dal regime del “supremo leader” Kim Jong-un fossero all’interno di un copione da candid camera rappresenta una assoluta, curiosa e incredibile novità. Da giorni gli sviluppi dell’omicidio di Kim Jong-nam, fratellastro del leader nordcoreano, stanno diventando per la polizia malesiana un autentico rompicapo: una delle donne fermate dalle autorità di Kuala Lumpur ha infatti dichiarato che un fantomatico gruppo di persone le avrebbe chiesto di spruzzare il contenuto di una bomboletta spray ad una serie di passanti nell’ambito della produzione di una candid camera. Così, al posto dell’acqua, all’ultimo dei prescelti, è stato spruzzato del veleno. Una versione che sì, sarebbe surreale, se non ci fosse in ballo la Corea del Nord, più volte protagonista di vicende ai limiti del comico. Questa autentica esecuzione è infatti l’ultima di una lunga serie di omicidi dalle caratteristiche a dir poco bizzarre che caratterizzano la leadership di Kim Jong-un succeduto nel 2011 al padre Kim Jong-il, il “caro leader”.
Tracciare un profilo politico di questa Corea del Nord è un compito assai difficile per gli analisti che, da anni, si basano su “soffiate” dei vicini cinesi che, spesso, lasciano trapelare i tragicomici eventi che si susseguono in questo grande “The Truman Show” che è la Corea del Nord. E il confine tra realtà e finzione non è mai stato così difficile da marcare.
Tra sperimentazioni nucleari, esecuzioni spettacolari a suon di cannonate e alti dirigenti sbranati dai cani, nulla sembra cambiare in questa poverissima nazione, dilaniata dalla dittatura più stringente mai vista nella storia recente. Il regime nordcoreano controlla praticamente tutto: dall’abbigliamento al taglio dei capelli (uomini e donne, infatti, sono costretti a decidere il proprio look solo in base a un catalogo deciso dal regime) dagli eventi sportivi, le cui immagini sono costantemente manipolate e artefatte per raccontare agli ignari (e pochi) telespettatori i successi della loro nazionale ai mondiali. Come ai tempi dell’Unione Sovietica di Stalin, dove a ogni apparizione del supremo leader, nessuno aveva il coraggio di smettere di applaudire per paura di essere additato come traditore, in Corea anche le espressioni facciali sono oggetto di attenta analisi: fece molto scalpore, qualche tempo fa, la notizia di un alto funzionario militare giustiziato per aver osato nientemeno che ridere di gusto alle spalle del temutissimo dittatore. Del suo destino non si è più saputo: quel che è certo è che in nessuna delle occasioni successive si è più rivisto.
Le bizzarrie di questo regime non finiscono di certo qui. La Repubblica democratica di Corea è l’unica nazione al mondo governata da una mummia. Il fondatore della dinastia comunista dei Kim, Kim Il-sung, morto nel 1994, è infatti, ancora, a ventitré anni dalla scomparsa, il Presidente della Repubblica. Suo figlio, il “caro leader” Kim Jong-il, succedutogli nella carica di primo segretario del partito dei lavoratori (che, come in tutte le dittature di stampo sovietico, è la carica più alta nell’amministrazione) rifiutandosi di assumere lo stesso titolo, istituì per il padre la carica di “Presidente eterno”. Carica che, tuttora, la salma conservata nel grande sacrario di Pyongyang, conserva. E guai a fare ironia. Ritrovarsi davanti a un cannone ed essere polverizzati un minuto dopo non è mai stato così facile.
Notizie bizzarre a parte, la Corea continua a rappresentare per gli operatori internazionali una vera incognita. La Cina, da sempre principale sponsor della Corea comunista, mostra ormai da tempo un progressivo allontanamento dallo storico e vicino alleato, un partner troppo scomodo, troppo imprevedibile, anche per la nuova era “global” inaugurata dal Presidente Xi Jinping.
L’economia nazionale continua ad arrancare: il valore dell’export è praticamente alla stregua della Repubblica di San Marino e il perpetuo divieto di iniziativa privata nell’imprenditoria, ancora pianificata secondo i dettami sovietici, contribuisce a rendere la Corea del Nord uno dei paesi più poveri al mondo, con un Pil pro capite annuale stimato dall’Ocse al di sotto dei 2000 euro, nonostante la presenza di uno dei più numerosi eserciti al mondo: circa 50 soldati ogni mille abitanti (negli Stati Uniti sono 5 su mille). Di contro, a nulla è valso l’ostracismo feroce delle grandi potenze alleate degli Stati Uniti, come Giappone e Corea del Sud, che sperano ormai da decenni di lasciare senza “ossigeno” Pyongyang, così da poter cavalcare e indirizzare il malcontento interno. Troppo forte, ancora, il Grande fratello nordcoreano per assistere, finalmente, al crollo del regime comunista più longevo al mondo.