I farmaci biosimilari sono una valida alternativa alle terapie conosciute e possono offrire nuove possibilità di cura. Nonostante le loro potenzialità la farmacovigilanza non riesce a sorvegliarli interamente. Vediamo perché.
“Un farmaco biosimilare” è un medicinale sviluppato partendo da un già autorizzato farmaco biologico. Entrambi, infatti, hanno lo stesso principio attivo, la medesima sostanza biologica. O quasi, perché possono essere riscontrate minime differenze, dovute alla complessità della loro natura o al modo in cui vengono prodotti. Ad ogni modo presentano lo stesso profilo di sicurezza ed efficacia.
“Un farmaco biologico” deriva da un organismo vivente: solitamente il Dna ricombinante ne costituisce la base. Esempi possono essere le cellule, i tessuti, i vaccini, gli anticorpi, gli ormoni ( come l’ insulina) che vengono creati in questo modo.
Più semplicemente, un farmaco generico viene prodotto nella stessa maniera di un medicinale autorizzato alla commercializzazione. Da un punto di vista chimico la grandezza della sua molecola (small-molecule drug) potrebbe essere 1000 volte più piccola rispetto ad una molecola biologica (biologic-molecule). Quindi, la dizione “bio-generico” non può sussistere, in quanto dal punto di vista di struttura molecolare, di derivazione naturale, di complessità e stabilità, sono generi totalmente differenti.
Differente è anche la regolamentazione prevista dall’Agenzia Europea del Farmaco inerente i “biosimilari” e i “generici”. Con il“biosimilar pathway”del 2003 si individuano gli elementi simili tra il farmaco di riferimento e quello biosimilare, in ordine all’attività biologica, di sicurezza, di efficacia e delle caratteristiche di qualità Il “biosimilare” viene realizzato per essere il più simile possibile al “biologico” di riferimento soprattutto nei suoi effetti seguendo una serie di steps presici : quality comparability, non clinical comparability studies and clinical compararability studies.
Ma come nasce un farmaco biosimilare? La creazione di un farmaco biosimilare inizia isolando il gene che codifica la proteina di interesse, le caratteristiche molecolari e tutte le qualità della sostanza di riferimento.
La sezione di Dna contenente la proteina viene posta in una cellula ospite (per esempio un plasmide). Così facendo si formerà una cellula che produce una proteina altamente simile a quella di riferimento. Poi, una volta identificata, verrà posta all’interno di una “master cell bank”per svilupparsi ulteriormente. Il processo di produzione inizierà con lo scongelamento di una fiala dalla “master cell bank” dando il via alla coltura. Più alto sara’il numero di cellule mature che si sviluppano maggiore sara’ la proteina prodotta.
Quali sono le indicazioni per i biofarmaci? I “biofarmaci” possono avere più di una indicazione terapeutica. E’ possibile l’estrapolazione dei dati clinici di efficacia e sicurezza attraverso evidenze di comparabilità con i farmaci di riferimento e con studi clinici svolti mediante la misurazione degli “endpoints” clinici. Attualmente non esiste una comune denominazione riguardante i farmaci biosimilari. World Heath Organization (WHO) e US Food Drug Administration (FDA) proposero l aggiunta del termine “biologic qualifier” nella forma di 4 lettere consonanti prese a random come suffisso (esempio originatordrugname-xdrt). L’ Agenzia Europea del Farmaco utilizza l’acronimo International Nonproprierty Name (INN), lasciando la farmacovigilanza destreggiarsi nelle varie legislazioni.
L’identificazione del farmaco è uno dei pilastri fondamentali per la farmacovigilanza nella reportistica degli eventi avversi. La mancanza di un accordo globale condiviso riguardo la classificazione dei farmaci biosimilari può determinare un serio problema. Sebbene i farmaci biosimilari siano molto simili ai prodotti di riferimento, le differenze potrebbero causare conseguenze sconosciute non evidenziate in studi clinici (ad esempio differenze di immunogeniticità).
A oggi l’Unione Europea impone la scrittura del “batch number” e del “trade name” nel caso di un evento avverso per un farmaco biosimilare, mentre la Medicine and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) britannica utilizza il “brand name” in quanto auspica la non sostituzione automatica del prodotto biosimilare qualora il farmaco sia erogato dal farmacista stesso.
I prodotti, che siano essi biosimilari o di riferimento, con lo stesso International NonProprietary Name (INN) sappiamo non essere identici, di conseguenza una più completa e chiara distinzione dovrà essere fatta per tutelare la salute di tutti i cittadini permettendo alla farmacovigilanza di agire sempre per il meglio.