L’attacco terroristico. Il Louvre blindato. La folla, la paura, gli spari. Impossibile dimenticare le immagini dello scorso 3 febbraio, quando Abdallah El-Hamahmy ha tentato di aggredire, al Carrousel du Louvre, un gruppo di militari con due machete. Adesso l’attentatore, ventinovenne egiziano, ha confermato la sua identità. Ha deciso di porre fine al silenzio, e dall’ospedale Pompidou di Parigi, dove è ricoverato, ha accettato di rispondere alla Polizia.
L’attacco al Louvre non è stato improvvisato. Secondo fonti de Le Figaro l’assalitore del Louvre preparava l’attentato al museo dall’estate scorsa. Abdallah El-Hamahmy sarebbe arrivato in Provenza a gennaio 2016. All’inizio della scorsa estate avrebbe affittato la stanza in un residence nei pressi degli Champs-Elysées. Dunque molto prima del 30 ottobre, quando aveva richiesto a Dubai il visto per la Francia. Il giorno stesso dell’attacco lo ha passato in uno studio affittato per l’ultima settimana in rue de Ponthieu, nell’ottavo arrondissement, dove grazie alle perquisizioni, gli inquirenti hanno rinvenuto e sequestrato la custodia del machete, un iPad, diversi documenti e un passaporto egiziano. Il modus operandi con cui ha agito il colpevole, al grido di “Allahou Akbar!”, ha portato il procuratore parigino François Molins ad aprire un’inchiesta per tentato omicidio aggravato da finalità terroristiche.
La paura tra i turisti, i francesi non si stupiscono più. Il museo più visitato del mondo, con gli oltre 7,3 milioni di turisti solo nell’ultimo anno, si è affrettato a riaprire e già domenica scorsa si era lasciato alle spalle la faccenda. Il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha provato a illuminare di positività la reazione dei militari, sminuendo la crisi di sicurezza. Ma non le persone. L’aria un pò spettrale si poteva respirare anche nel fine settimana. Mark Watkins, presidente di Coach Omnium, è uno dei più affermati consulenti del settore turistico nella capitale francese. Intervistato da Le Monde, ha dichiarato che “le immagini del Louvre bloccato e pieno di poliziotti d’assalto sono già state diffuse in tutto il mondo e questo museo è un luogo simbolico di Parigi. Ci saranno inevitabilmente degli effetti negativi, ma non tanto sulla clientela francese, che si è dimostrata abbastanza indifferente all’effetto terrorismo e ha continuato a visitare la città. I problemi maggiori riguardano le clientele straniere che più sono sensibili al tema della sicurezza, come i cittadini statunitensi, i cinesi e i giapponesi”. Dunque, un danno economico non indifferente: dall’attentato di Charlie Hebdo, agli inizi del gennaio 2015, in due anni il Louvre ha perso due milioni di visitatori e l’andamento del turismo anche italiano aveva sempre i segno meno.
“Basta, non ce la facciamo più – dice Jean-Marc , parigino da quattro generazioni, 60 anni, che dalla Senna guarda storto il bel palazzo del Louvre – ogni volta ero separato, per un motivo o per un altro, dai miei figli i giorni degli attentati e lo stato d’ansia è perenne. Così continuo, che ormai un attentato è routine. Non voglio neanche sapere in tv chi sia questo assassino, vorrei che la Francia cambiasse. Che tornasse un pò più francese”.
Perché sempre in Francia. Sono cinquant’anni che la Francia è oggetto di attentati terroristici. I primi attacchi durante la guerra d’Algeria. Poi fu il turno di Carlos, Fatah, Gia algerino. Fino alla jihad targata Isis. Ma perché proprio Parigi? Perché sempre la Francia? Più di ogni altro paese europeo, l’ésagone è nel mirino del terrorismo globale per ragioni storiche, ma anche di politica estera. Dalla storia coloniale agli ultimi decenni di strategia geopolitica. Chiedendo agli abitanti di Parigi, dopo pochi minuti viene fuori il quadro attuale: la Francia si è trasformata nel simbolo dell’odio anti-occidentale con sacche di violenza nascosta da tempo.
Il sangue francese comincia a scorrere subito dopo il ’45. Il contesto è quello della guerra d’Algeria. In Francia vengono compiuti diversi attentati dell’Oas (Organisation de l’armée secrète), qui iniziano rappresaglie e violenze. Gli anni ‘70 sono stati contraddistinti dal terrorismo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), fino ad arrivare nel 1982 alla bomba del Parigi-Tolosa. In quel periodo più che il Paese in sé, che offre rifugio a esuli di tutto il mondo, si vuole colpire l’appoggio della Francia ad Israele, ma anche il sionismo, il capitalismo e le lobby ebraiche. Poi la dottrina di Mitterand negli anni ’80, quella delle dissidenze in cambio della deposizione delle armi, gli eventi di accoglienza di terroristi negli anni ’70 e l’aver appoggiato in Europa e Medio Oriente fazioni, partiti rivoluzionari, guerriglie locali non hanno portato a niente di buono. Tutto questo si è trasformato nel tempo in un’arma a doppio taglio. E oggi, nel 2017, dopo le ferite dure da guarire di Charlie Hebdo e del Bataclan, la Francia è sempre più sospettosa, sempre più scontenta dell’Europa, sempre meno tollerante nei confronti dell’immigrazione. Sempre più inerme davanti agli attentati.