Gli anni di piombo non sono finiti. Almeno per Roma. La Capitale è ancora divisa, da una parte i neri e dall’altra i rossi. Dopo l’omicidio di Walter Rossi, la strage di Acca Larentia, il rogo di Primavalle (alcuni dei picchi della violenza politica attuata nella Capitale fra gli anni Sessanta e Settanta), a distanza di più di quarant’anni da quel clima infernale, la minaccia del terrorismo interno non si è ancora allontanata dalle vite dei cittadini.
Lo dice la relazione presentata alla Corte d’Appello del Tribunale di Roma in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. L’eversione politica, scrivono i magistrati romani nel documento che chiude il 2016 e apre al 2017, sarebbe ancora una minaccia non da poco. E verrebbe da entrambi i lati.
Infatti in Procura vi sono “indagini attualmente in corso relativamente a presunte cellule anarco-insurrezionaliste operanti nella Capitale (e gravitanti, in particolare, nell’ambito del centro sociale Bencivenga)”.
Ma nei fatti in cosa si esplicherebbe questa minaccia? Che genere di atti sarebbero ipotizzati dagli inquirenti? E quali sarebbero gli obiettivi? Gli inquirenti mettono l’attività di eversione “in relazione ad atti di sabotaggio a linee ferroviarie nell’ambito del boicottaggio dei treni ad alta velocità”.
I magistrati romani nel documento fanno riferimento a episodi già avvenuti nella Capitale. Si riferiscono infatti “al recapito di vari pacchi bomba (fortunatamente ordigni esplosivi per lo più non a elevato potenziale, e con ridotta capacità lesiva) verificatisi negli ultimi anni a Roma”.
Ma chi sono i destinatari? Gli antagonisti sembrerebbero preferire enti istituzionali “come è il caso – si legge nella relazione – del pacco bomba inviato al direttore di Equitalia nel 2014”. Ma sono altri i casi enumerati dalla procura generale: come nel caso “dell’ordigno posto davanti all’Ambasciata di Francia, in piazza Farnese, in Roma, nell’agosto 2015, o di quello, del gennaio 2016, posto nei pressi del Tribunale di Civitavecchia”. Insomma tutti obiettivi sensibili che sembrerebbero non essere usciti dalle mire delle forze eversive di estrema sinistra, come gli anarchici del Fai (la Federazione anarchica informale). Individuati come responsabili proprio dell’episodio di Civitavecchia.
Dall’altra parte di questo “Risiko” non desta meno preoccupazione l’eversione nera, di estrema destra. Terreno preferito di queste, e altre, organizzazioni sembra essere un luogo che soltanto qualche decina di anni fa sembrava essere per statuto uno status symbol della sinistra: la piazza.
Per l’autorità giudiziaria infatti le manifestazioni sono diventate terreno di contesa fra i presunti eversori “provenienti sia da gruppi della sinistra antagonista che da organizzazioni neofasciste o di estrema destra come Casapound”. Anche il tema della casa sarebbe una potenziale miccia pronta ad accendersi: gruppi e movimenti per l’occupazione di spazi non di rado, secondo la Procura, hanno partecipato a manifestazioni sfociate poi in atti violenti.
Gli inquirenti annunciano di avere già messo sotto osservazione fenomeni simili. “Al riguardo, diverse intercettazioni preventive (…) – scrive il Tribunale di Roma nel documento di introduzione al nuovo anno giudiziario – sono attualmente in corso proprio allo scopo di prevenire e adeguatamente fronteggiare eventuali programmati scontri di piazza”.