Berlino ha ricordato Nizza. Impossibile davvero non pensare alla strage sulla Promenade des Anglais, stesse modalità e stesso fine. Non sorprende che ci possa essere la mano dell’Isis, in considerazione anche del fatto che i tir sono considerati dagli jihadisti come “arma mortale per i crociati“. Su Rumiyah, il magazine dell’Isis, vengono riportate accurate istruzioni per l’impiego dei camion per il compimento di attentati: ‘‘I veicoli sono come coltelli estremamente facili da acquistare, ma diversamente dai coltelli non fanno sorgere sospetti perché diffusi in tutto il mondo”. Per questo sono uno dei metodi più efficaci di attacco e offrono, a chiunque sia in grado di guidarli, “la possibilità di provocare terrore”, sottolinea Rumiyah suggerendo i bersagli contro cui usare i camion: strade affollate, celebrazioni, mercati all’aperto e raduni politici. Vero è che ancora l’Isis non ha rivendicato, ma poco importa. L’emulazione è uno dei rischi a cui espone il terrorismo 2.0. Il Califfato esercita una grande influenza sui giovani, sui “lupi solitari” e su coloro che non agiscono sotto mandato ma da soli, convinti dell’ideologia jihadista. In nome di Allah, clemente e misericordioso.
E così, a Berlino, un camion proveniente da Budapester Straße, alle 20.15 di lunedì sera, ha invaso un marciapiede e si è schiantato sulla folla nei pressi del mercatino di Natale a Breitscheidplatz, Charlottenburg, nella parte ovest di Berlino. Si piangono morti e feriti. “Un attentato terroristico”, così hanno riferito le località locali e il ministero dell’Interno tedesco, e non era poi difficile immaginare che fosse davvero così. L’ennesimo colpo alla normalità dei cittadini.
Il presunto responsabile della strage è Anis Amri, un 24enne tunisino arrivato in Italia a febbraio 2011 dopo la Primavera araba, e ucciso all’alba del 23 dicembre 2016 a Sesto San Giovanni nel milanese. Il giovane era ricercato in tutta Europa e dopo l’attacco al mercatino natalizio di Berlino avrebbe fatto perdere le tracce scappando in Italia. Secondo le indagini sarebbe arrivato a Torino con un treno partito dalla Francia. Poi, dal capoluogo piemontese si sarebbe spostato a Milano dove, nel corso di un normale controllo del territorio da parte della polizia, è stato fermato. L’atteggiamento strano dell’uomo avrebbe insospettito gli agenti che, alla richiesta di documenti, si sono visti aprire il fuoco. Uno dei poliziotti della pattuglia, Luca Scatà, ha risposto al fuoco colpendo Anis. Nella sparatoria l’agente Cristian Movio, invece, è rimasto ferito ad una spalla. Le sue condizioni non sono gravi.
Ora si indaga sul percorso e sui motivi che hanno condotto il tunisino in Italia. Forse una presunta rete di appoggio nel milanese. Anis Amri in Italia ha vissuto dal 2011 al 2015. Quattro anni in carcere, trascorsi in vari istituti penitenziari dopo l’arresto a seguito di un incendio appiccato al Centro di prima accoglienza di Lampedusa. Dopo la sua detenzione nel Cie di Caltanissetta, in attesa del rimpatrio in Tunisia non andato a buon fine a causa del ritardo nell’invio dei documenti dal paese d’origine, il 24enne è rimasto in Italia, libero e senza alcun titolo per rimanervi.
Il camion utilizzato per compire l’attentato veniva dall’Italia, precisamente da Cinisello Balsamo dove ha caricato del materiale, ed era guidato da un polacco di 37 anni, che è stato trovato morto a bordo del mezzo pare rubato o dirottato. L’azienda proprietaria del camion ha reso noto che per quasi quattro ore chi era all’interno del camion lo ha acceso e spento più volte. “Era come se qualcuno lo accendesse e spegnesse cercando di farlo andare” ha spiegato il titolare. Secondo le rilevazioni, un primo tentativo è stato fatto alle 15.44, poi un’ora più tardi, alle 16.52: il motore è quindi rimasto acceso fino alle 17.37 anche se il veicolo è rimasto fermo. Quindi non è più stato rilevato nessun movimento fino alle 19.34 quando il mezzo ha iniziato a muoversi. “È come se qualcuno cercasse di imparare a guidare il veicolo e avesse difficoltà a farlo muovere”, spiegano.
Tutto il mondo è rimasto sotto shock per l’ennesimo attentato: l’uscente presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha fatto sapere ad Angela Merkel di essere disponibile per aiutare nell’ indagine, lo stesso per il presidente russo Vladimir Putin. Non c’è Paese che non abbia innalzato il livello di allerta nell’ultimo periodo. E la Germania, nonostante fosse tra le più militarizzate, ha subito un grande colpo e ora si cercano i colpevoli. “Penso innanzitutto ai morti e ai feriti, 12 persone che ieri erano fra di noi, festeggiavano e avevano progetti per i giorni di festa, non sono più tra noi”, ha dichiarato la Cancelliera Angela Merkel all’indomani del presunto attacco terroristico e, rivolgendosi ai feriti, ha aggiunto: “Voglio che sappiano che noi tutti siamo con loro e speriamo che possano guarire e continuare a vivere”. Dopo di che ha sottolineato la sua posizione garantendo il pieno chiarimento di ciò che è successo dicendo che “l’atto sarà punito con la forza delle nostre leggi”.
Ma davvero non si può fare niente contro questi attacchi? Forse sì. Già in passato Ofcs Report ha parlato della Piattaforma Logistica Nazionale che attraverso la digitalizzazione e controlli online sui camion si possono limitare i rischi, o quanto meno si può sapere dove si trova e cosa fa un tir fermo. Per saperne di più leggi il nostro articolo sulla PLN https://ofcs.report/autotrasporti-ecco-il-progetto-del-controllo-telematico-si-poteva-evitare-strage-nizza/
Il dato certo in tutto questo, però, è che l’Isis ha messo il capello sull’operazione. Il giorno dopo l’attentato, attraverso l’agenzia Amaq, ha rivendicato la strage: “L’autore dell’operazione a Berlino è un soldato dello Stato islamico e ha condotto l’azione in risposta alle richieste di colpire i cittadini dei Paesi della coalizione”. In nome di Allah, clemente e misericordioso.