Piano freddo operativo, ma non troppo. Almeno nel comune di Roma. Nel periodo invernale, al fine di potenziare i servizi di accoglienza per i senza fissa dimora che vivono in strada in condizioni di disagio sociale estremo, il Campidoglio ha messo a punto nuove misure. I posti a disposizione nel complesso sono più di 500, distribuiti in diverse modalità dai centri pronti a garantire accoglienza. “L’obiettivo – spiega l’assessore alla Persona, Scuola e Comunità Solidali, Laura Baldassarre – è quello di offrire alle persone fragili forme diversificate di aiuti”. Per soddisfare ogni necessità: dal pranzo fino alla completa assistenza diurna/notturna. Tuttavia, delle 245 sistemazioni (65 posti in h24 e 180 posti in h15) messe a bando per i servizi notturni, appena 70 sono disponibili per i clochard. E così la ricerca dell’amministrazione è ricominciata. Daccapo.
Lo scorso venerdì, il dipartimento delle Politiche Sociali ha avviato una nuova indagine di mercato. “La disponibilità di posti in accoglienza notturna risulta fortemente insufficiente per coprire il fabbisogno richiesto e preventivato dall’Amministrazione”, si legge nell’avviso pubblicato sul sito del Comune di Roma. Pertanto “si ritiene necessario ed urgente procedere all’avvio di una ulteriore procedura di indagine di mercato rivolta alla più ampia platea di partecipanti”. Strutture di accoglienza gestite da enti del Terzo Settore, associazioni, organismi di volontariato, enti ecclesiastici, sono loro i destinatari della nuova rilevazione. E anche i requisiti richiesti sono meno stringenti rispetto a quelli pubblicati nel primo bando. Il vuoto da coprire è di 175 posti.
Per il piano entrato in vigore lo scorso 1 dicembre e attivo fino ad aprile 2017 è stata impegnata “una cifra superiore al milione di euro. Oltre 250mila euro in più rispetto allo scorso anno – fa sapere il Campidoglio – grazie all’utilizzo di fondi derivanti da un bene confiscato alla criminalità”. Il progetto del Comune di Roma mira anche a riproporre una stretta connessione tra i servizi sociali municipali, le istituzioni territorialmente competenti e la rete informale delle risorse. Il fine “non è solo quello di erogare una prestazione ma di valorizzare e stimolare gli utenti alla cura di sé e dell’ambiente ospitante”, precisa il dipartimento delle Politiche Sociali.
Dallo scoppio dell’inchiesta “Mondo di mezzo” che ha acceso i riflettori su Mafia Capitale, il Comune di Roma non è più riuscito a mettere in campo un piano all’altezza della situazione. Il motivo è presto chiarito: le cooperative legate a Salvatore Buzzi, uomo-chiave del sistema di corruzioni e collusioni che nel 2014 scuote la Città Eterna, sono inserite da anni anche nel settore delle politiche sociali, uno degli ambiti nei quali la “cupola” romana pare essere stata più influente. L’inchiesta ha fermato tutto. Il risultato, due anni fa, nel solo mese di dicembre, è stato di tre morti: il primo a Ostia, sul litorale romano, un secondo alla stazione Ostiense e un terzo nel quartiere Esquilino. Tutti morti di freddo per un’assistenza mancata. La sopravvivenza, in strada, passa anche per una coperta.