L’Occidente, e l’Europa in particolare, pur avendo portato a termine importanti operazioni antiterrorismo, soprattutto in Francia e Germania, non appaiono certo impermeabili all’infiltrazione di miliziani dell’Isis piuttosto che di Al Qaeda. Si è già trattato del passaggio in Italia del feroce Rachid Kassim che, in compagnia di moglie e figli, sebbene segnalato dalle autorità transalpine, aveva attraversato tranquillamente la nostra Penisola in auto, probabilmente trovando anche ospitalità a Catania prima di imbarcarsi su un traghetto diretto in Grecia.
Ma negli ultimi giorni è emerso che anche un tale Hicham El Hanafi, 26enne marocchino, che con carte di identità francese e italiana di dubbia provenienza, avrebbe viaggiato in Europa sin dall’autunno 2013, frequentando compatrioti in diversi Paesi ed anche in Turchia, collezionando espulsioni a catena. E’ stato infine arrestato a Strasburgo sabato 29 novembre, insieme ad altri tre. El Hanafi è accusato di essere il finanziatore della cellula dormiente dell’Isis che intendeva colpire il primo dicembre presumibilmente l’Eurodisney a Parigi.
Scatenare l’inferno, questo è il fine ultimo dell’offensiva invernale degli jihadisti e se il fine è questo, le modalità di attuazione paiono variare ed adeguarsi a nuovi standard operativi che non necessariamente sono da ricondurre ad attacchi in grande stile, ma piuttosto ad amplificare la sensazione di assedio instillata negli occidentali con estese azioni di disturbo in attesa di ulteriori input da parte dei vertici jihadisti.
“In verità Allah ha maledetto i miscredenti ed ha preparato per loro la Fiamma, affinché vi rimangano in perpetuo, senza trovare né protettore né ausilio. Il Giorno in cui i loro volti saranno rivoltati nel Fuoco, diranno: ‘Ahinoi, ah, se avessimo obbedito ad Allah, se avessimo obbedito al Messaggero!'” (Corano, sura 33 Al Azhab – I coalizzati, versetti 64, 65, 66). Questi sono i versetti coranici che hanno ispirato la realizzazione dell’inferno di fuoco che ha avvolto la parte nord ovest di Israele negli ultimi giorni con un’operazione che si è voluta definire “Intifada del fuoco”. Basso costo di realizzazione, manovalanza sconfinata e, soprattutto, il crescente fenomeno dell’emulazionismo che, sebbene sottovalutato in favore del proselitismo ideologico, ha da anni fatto breccia nelle menti di molti giovani musulmani che di islamismo ne sanno ben poco, ma della volontà di rivincita nei confronti del ricco Occidente ne sanno sicuramente qualcosa in più.
I rudimentali mortai utilizzati per il lancio di ordigni incendiari presuppongono la premeditazione di questa offensiva che, sebbene condotta con tattiche elementari, pur non provocando vittime, ha comunque causato un danno economico assai rilevante.
Israele ed il suo popolo, come da costume, hanno subito reagito alla nuova offensiva, fomentata dai suoi nemici storici, senza inutili isterismi, domando le fiamme, evacuando le zone ritenute a rischio ed assicurando alla giustizia, ad oggi, circa 40 palestinesi ritenuti responsabili di avere volontariamente appiccato gli incendi.
Forum, siti e chat jihadisti hanno subito avocato a se la realizzazione degli attentati incendiari evocando l’emulazione delle gesta assai poco nobili anche nei territori dei miscredenti occidentali.
Ma l’uso di tattiche incendiarie nella jihad non è argomento nuovo. Nel maggio 2012, infatti, il magazine qaedista “Inspire”, giunto alla nona edizione, riportava dettagliatamente le modalità da seguire per appiccare incendi nelle foreste degli Usa. Lo ha sottolineato il Daily Mail ripercorrendo, inoltre, le tappe ideologiche seguite dal defunto Anwar Al Awlaqi per giustificare l’attuazione di attentati che potessero coinvolgere civili innocenti che egli definiva danni collaterali.
In tutto ciò ne deriva che il pericolo rappresentato dalle cellule dorminenti e dai lupi solitari, non sia legato unicamente all’attuazione di attentati eclatanti e ben pianificati, ma soprattutto da gesta emulative condotte da singoli non necessariamente riconducibili a grosse entità terroristiche.