Il referendum compie 70 anni. In principio fu la forma di Stato, fino ad arrivare alla più recente riforma costituzionale targata Renzi-Boschi. Sono 72 i referendum, contando quello del 4 dicembre prossimo, che hanno percorso la storia del nostro Paese dal 1946 ad oggi. Con un totale di oltre 20 chiamate alle urne e la media di oltre un quesito all’anno da quando esiste la Repubblica.
Una storia che racconta l’evoluzione dell’opinione pubblica e che ha segnato numerosi punti cruciali. Fra i tipi di referendum previsti dalla costituzione a farla da padrone è quello consultivo, con 67 quesiti proposti. Oltre il prossimo referendum costituzionale, sono stati altre 2 le consultazioni dello stesso tipo. Una consultazione a testa invece per i referendum di indirizzo e istituzionali.
Il primo di questi fu proprio il quesito che decise la nascita della Repubblica Italiana, il 2 giugno del 1946. In un paese ancora in ginocchio per il secondo conflitto mondiale finito da nemmeno un anno il popolo italiano venne chiamato alle urne per il referendum istituzionale che avrebbe deciso la forma di stato. Vinse la repubblica, con il Meridione sbilanciato verso la monarchia e le successive recriminazioni sugli effettivi voti che andarono a favore della scelta vincitrice.
Il secondo referendum, che segnò la storia italiana, promosso dalle associazioni cattoliche decise sull’abrogazione del divorzio, introdotto dalla legge Fortuna-Baslini nel 1974. La mobilitazione del mondo cattolico, spinto dalla Dc, non bastò ad approdare all’abrogazione. Il divorzio restò e la consultazione si attesto a oltre l’87% degli aventi diritto. Si tratta del secondo referendum per partecipazione alle urne.
Nel 1978, in un’Italia sconvolta dagli Anni di Piombo, si votò per abrogare la Legge Reale, introdotta dalla Dc per combattere i fenomeni di criminalità e malavita, ma il risultato fu no. Nello stesso anno i Radicali proposero un referendum per abolire il finanziamento pubblico ai partiti, cosa che fu respinta dalla consultazione popolare.
Gli anni Ottanta rappresentano la seconda decade d’oro, dopo i Novanta, per le consultazioni popolari. Sono 11 infatti i quesiti proposti per l’abrogazione e uno quello di indirizzo, nel 1989 infatti si votava per affidare il mandato costituente al Parlamento Europeo che allora si costituiva. Il risultato fu sì.
Dalla questione dell’ordine pubblico, ripresa nell’81 dai Radicali per abrogare la legge Cossiga che imponeva restrizioni contro il terrorismo, ai referendum sull’aborto, che ne avrebbero regolamentato il ricorso in ben due consultazioni sostanzialmente in pareggio. Una vide l’abrogazione di alcune norme della legge 194 e l’altra la permanenza di altre. Il dibattito, come nel caso del divorzio, divise il Paese in due. Ancora i Radicali risultarono fra i promotori.
Dopo la tragedia di Cernobyl dell’85, l’Italia andò alle urne per decidere se mantenere o no le norme riguardanti la costruzione di centrali nucleari. L’Italia nell’87 votò per l’abrogazione. Sullo stesso tema nello stesso anno gli italiani gli italiani si espressero contrariamente alla partecipazione dell’Enel a costruire impianti nucleari all’estero.
Nell’87, sull’onda del caso Tortora, i Radicali, assoluti protagonisti quando si parla di referendum, proposero l’abrogazione delle norme che limitavano la responsabilità civile dei magistrati. L’Italia scelse l’eliminazione delle norme.
Gli anni Novanta furono il decennio record per numero di quesiti proposti all’attenzione degli italiani, sfondando quota 30. Molti di questi però non raggiunsero il quorum necessario a dare validità alla consultazione. Fra i quesiti proposti la privatizzazione della Rai, l’abolizione dell’ordine dei giornalisti, l’abrogazione della detenzione per l’uso personale di sostanze stupefacenti e l’abolizione di due ministeri, quello del Turismo e quello delle Foreste.
Il XXII secolo vede scendere il livello dei votanti ma fa registrare le prime due consultazioni referendarie di tipo costituzionale. La prima, del 2001, modificherà il titolo V della Costituzione in ambito delle competenze fra Stato e Regioni. La seconda, che vedrà vincere il no, aveva proposto una modifica della seconda parte della Costituzione ideata per un percorso che avrebbe portato verso il federalismo.
Con un quorum sempre meno raggiunto si giunge al referendum del 2011, che vedeva l’abrogazione di norme in materia di energia nucleare, legittimo impedimento e affidamento privato nell’erogazione dell’acqua. Per tutti i quesiti prevarrà il sì all’abrogazione.
L’ultimo in ordine di tempo, il referendum dell’aprile scorso in materia di concessioni petrolifere, vedrà il mancato raggiungimento del quorum e il mantenimento delle norme, fra queste quelle del decreto Sblocca Italia, oggetto del contendere.
Una storia di passi avanti e dietrofront che rispecchia le tendenze gli usi e i costui di 70 anni di storia repubblicana. Aspettando il risultato del 4 dicembre prossimo.