“Negli ultimi anni c’è stato un incremento dei malati di cancro, ma anche una maggiore sopravvivenza. Al nord fino a 30 anni fa c’era una grande influenza negativa, oggi il sud ha apparato i dati, avendo più o meno gli stessi casi. Prima ci si ammalava di meno ma si moriva di più, oggi ci si ammala di più e si guarisce di più”. Lo dice a Ofcs Report il professore Stefano Giordani, medico responsabile dell’oncologia territoriale di Bologna.
Parliamo dei numeri. Qual’è il trend?
“I dati attuali dicono che solo nel 2015 ci sono stati circa 360 mila casi di tumori. Non c’è un andamento omogeneo nelle regioni perché all’interno delle stesse ci sono variazioni per provincia. In Emilia Romagna, per esempio, nella parte più a sud ci sono più casi di cancro allo stomaco e al colon e verso il nord di tumori alla mammella e alla prostata”.
C’è una correlazione tra l’inquinamento e la presenza di malati oncologici?
“Bisogna distinguere i tumori con cause evitabili e cause non evitabili. I primi dipendono senza dubbio dall’ambiente e dallo stile di vita, gli altri dipendono da fattori genetici e/ o ormonali. Le cause evitabili sono quelle più incidenti, il 50% dei tumori dipende da questo”.
Quali sono le cause evitabili?
“Sono di tre tipi: professionale, stile di vita e rischi ambientali. Quelli professionali contano il 4% e coinvolgono tutti quei soggetti che lavorano in situazioni di pericolo respirando amianto, benzene e polveri sottili. Lo stile di vita, che conta il 50%, racchiude tutte le cattive abitudini responsabili della malattia come il fumo, mala alimentazione e sedentarietà. I rischi ambientali incidono sul 4% dei malati. Dipendono ad esempio dalle ciminiere, da un erroneo smaltimento dei rifiuti e dallo smog. Detto questo è importante dire che i tumori non riconoscono cause lineari ma sono la concausa di molti di questi fattori. Non sono questi fattori che vivono da soli, spesso si incontrano e fanno si che l’insorgere dei tumori sia favorito”.
Ci sono delle persone che si ammalano più di altre?
“Ci sono fattori psicosociali come il reddito basso. Abbiamo potuto notare che nelle fasce più disagiate c’è una maggiore incidenza dei tumori e minori risposte alle terapie, cioè si curano peggio”.
Ma perché tra il nord e il sud Italia vi erano differenze adesso scomparse?
“Prima di tutto l’alimentazione. Il sud si difendeva con la dieta mediterranea, il buon cibo, poi anche i suoi abitanti hanno cominciato a comprare le cose al supermercato. Detto questo c’è da dire che in 30 anni le cose sono cambiate in positivo. C’è una maggiore consapevolezza delle cause, si cucina meglio, si sta attenti alla cottura, ci si muove di più e così via”.
Lei cosa si sente di consigliare alle persone per evitare di ammalarsi?
“Poiché non possiamo sempre scegliere dove vivere, non è possibile andare tutti in montagna, consiglio però di limitare i fattori di rischio evitabili. L’ambiente è quello che è, noi dobbiamo difenderci con una buona alimentazione, con l’attività fisica, con l’assenza di fumo e limitare lo stress, affinché possiamo aiutare il nostro dna e proteggerci. Puntiamo sullo stile di vita, abbiamo questo potere”.