La riconquista di Nimrud, storica città assira, da parte dell’esercito iracheno, riapre la questione internazionale della distruzione di siti e reperti archeologici nel mondo arabo e la corsa internazionale al recupero e restauro. La furia iconoclasta degli jihadisti sta cancellando la storia millenaria di popoli ed antiche culture. Dall’Iraq alla Siria, la barbarie ha già portato alla distruzione di Palmira, Ninive e Nimrud appunto. Sotto il controllo dell’Isis il patrimonio archeologico è stato distrutto con i bulldozer perché considerato un’eredità pagana. Ora le forze di Baghdad sono riuscite a prendere il controllo del centro cittadino, che si trova a un chilometro di distanza dalle rovine risalenti a 3mila anni fa. L’operazione, come ha riferito la Bbc , fa parte dell’offensiva ancora in corso per strappare Mosul all’Isis. Nimrud, distante circa 30 chilometri da Mosul, era in mano all’Isis da circa due anni e nel marzo 2015 studiosi iracheni avevano denunciato la distruzione del celebre sito archeologico assiro locale, risalente al XIII secolo Avanti Cristo. Erano state diffuse immagini di statue e templi presi di mira dagli jihadisti perché considerati ‘falsi idoli’. E l’Unesco aveva condannato l’accaduto come un crimine di guerra contro un tesoro storico-culturale considerato patrimonio dell’umanità.
Non solo Iraq, ma anche e soprattutto Siria. Maamoun Abdulkarim, direttore generale delle antichità e dei musei siriani, è uno dei tanti scultori ed artisti che ha inteso rimanere in un paese martoriato da una guerra senza fine. Ha raccontato degli oltre 100mila reperti e opere d’arte messe in salvo dagli accademici siriani poco prima di cadere nelle mani dell’Isis, che si trovano oggi stipati nei sotterranei del Museo nazionale siriano, senza che nessuno possa accedervi, né gli studiosi né il pubblico. Appena è scoppiata la guerra civile, chiarendo subito che sarebbe stata incontrollabile, il direttore dei musei ha raccolto 300mila pezzi in tutta la Siria che era ancora raggiungibile, e li ha portati a Damasco. Anche 400 statue dalla zona che sarebbe presto stata conquistata da Daesh.
L’intero patrimonio è ora conservato in luoghi segreti, come le opere del Museo di Damasco. Meticolosamente, il direttorato delle antichità ha catalogato e fotografato ogni pezzo, ha realizzato una mappa di tutti i siti archeologici e dei luoghi artistici del Paese, indicando cosa contenevano, lo stato dei danni e delle distruzioni. È tutto sul sito www.dgam.gov.sy.
E poi ci sono i siti di Al Krak des Chevaliers, il castello crociato, per il quale sono iniziati i restauri, e il teatro romano di Bosra, vicino al confine giordano. Un fantastico teatro in basalto nero rimasto per centinaia d’anni preservato dalla sabbia e che come altri siti e monumenti rischia la distruzione. La riconquista di Palmira, nel marzo scorso, e la parziale distruzione dell’importante sito della civiltà romana in terra araba, rappresenta già da alcuni mesi un’autentica sfida per archeologi e cultori per garantirne il ripristino. Palmira, che sin dall’antichità è famosa per i suoi templi religiosi ed altre strutture grandiose, è rimasta sotto il controllo dello Stato islamico da maggio del 2015 fino a marzo 2016, quando è stata riconquistata dall’esercito di Bashar al Assad. In questi mesi lo Stato islamico ha diffuso diversi video che mostrano i suoi miliziani distruggere alcuni dei monumenti più importanti della città vecchia. A metà luglio del 2015 fu rapito dai militanti dell’Isis, e ripetutamente torturato, l’archeologo Khāled al-As’ad, direttore per 40 anni del sito archeologico di Palmira.
Il 18 agosto 2015 al-As’ad venne ucciso sulla piazza di fronte al Museo della città nuova di Palmira (oggi Tadmur). In seguito il suo corpo decapitato fu esposto al pubblico appeso ad una colonna. Agli Uffizi era stato ricordato nell’agosto scorso, ma già subito dopo la riconquista del sito, l’Unesco con le Nazioni Unite ha intrapreso una missione internazionale richiamando l’interesse e la responsabilità dei ricercatori affinché si possano recuperare siti distrutti o compromessi in contesti di guerra. All’appello non sono mancati alcuni istituti del Cnr che hanno maturato una forte specializzazione nel settore. Tra questi, l’Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam – Cnr) che già da tempo opera in contesti mediorientali (Turchia, Iraq e Siria) e che sta forneno un supporto ai Caschi Blu per la cultura, la task force Unit4Heritage, istituita a seguito dell’accordo siglato tra il Governo italiano e l’Unesco per la salvaguardia del patrimonio dell’antica città siriana. Tra le metodologie che sono state applicate dall’Ibam – Cnr, c’è l’aerofotografia archeologica e il telerilevamento da satellite per la ricostruzione storico-archeologica del sito e per il monitoraggio multitemporale delle evidenze antiche, allo scopo di valutare l’entità dei danni che queste hanno subito nel corso del conflitto.